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Dati sull’alcol-dipendenza in Italia
In Italia la frequenza dell’alcol-dipendenza è 0,8-2% tra la popolazione generale e 0,5-6,5% tra gli assistiti dei medici di medicina generale, in quest’ultimo caso con differenze regionali, ad esempio tra Friuli-Venezia Giulia (FVG) (6,5%) e Toscana (1,8%). Gli alcolisti in cura presso i servizi pubblici dedicati italiani erano 69.990 nel 2013, 72.784 nel 2014 e 71.219 nel 2016, lo 0,12% della popolazione generale (Ministero Salute, 2017).
Obiettivi e metodo dello studio
L’obiettivo dello studio era approfondire la conoscenza sull’alcol-dipendenza (AD), sull’abuso di alcolici (AbA) e sui correlati problemi socio-economici, comorbilità somatiche e mentali e consumo dei servizi sanitari delle persone di 18-64 anni trattate nei servizi alcologici della Toscana. Lo studio era parte della ricerca Alcohol dependence in primary & specialist care in Europe coordinata nel 2013-2014 dalla Technische Universität di Dresda e a cui hanno partecipato le istituzioni di 8 Paesi europei, inclusa l’Italia con Toscana e FVG. I dati toscani sono stati rielaborati a cura dell’Agenzia Regionale di Sanità toscana.
Allo studio hanno aderito i professionisti di 5 servizi pubblici su 7 contattati (a Firenze il Servizio Alcologico di Villa Basilewsky, la Tossicologia di Careggi, il SerT di Firenze-Centro; a Pisa e a Viareggio i rispettivi SerT) che hanno individuato 147 pazienti, intervistati tra novembre 2013 e febbraio 2014, di cui 1/4 provenienti dai gruppi di auto aiuto (Alcolisti Anonimi o Club di Alcolisti in Trattamento), pari al 2,75% dei 5.347 trattati nei servizi pubblici regionali nel 2014. Il campione dei soggetti, nessuno dei quali ha rifiutato l’intervista, è stato considerato sufficientemente rappresentativo della popolazione regionale dei trattati, anche se l’età media (49,6) era più avanzata e il rapporto M/F (1,63) inferiore a quello della popolazione dei trattati nel 2014 (Ministero Salute, 2017).
Risultati
Il 47,9% delle persone proveniva dagli strati socio-economici svantaggiati, il 5,5% era sopra la media e la disoccupazione al 27,9%. Sono valori vicini a quelli europei, con soggetti trattati in condizione socio-economica svantaggiata al 44,3%, sopra la media al 5,4%, e disoccupati al 36%.
Secondo il test WHODAS erano 2,8 i giorni in cui nelle ultime 4 settimane i soggetti svolgevano con difficoltà le usuali attività, valori più bassi della media europea (4,0 giorni).
I fumatori erano il 66,4% degli intervistati, rischio più che raddoppiato rispetto al 30,4% della popolazione regionale (ISTAT, 2015).
Gli intervistati riferivano ipertensione arteriosa nel 24% dei casi, oltre il doppio del 10,2% della media della popolazione regionale (ISTAT, 2015) e invece in linea con i dati europei (20,9%).
I problemi epatici riferiti erano inaspettatamente rilevanti (35,4%). Anche i valori di ansia e depressione riferiti (58,9% e 58,6% rispettivamente) erano ben superiori a quelli comunemente riscontrabili negli ambulatori dei medici di medicina generale. Ma poiché il test Kessler Psychological Distress Scale (K10), a cui sono stati sottoposti gli stessi soggetti, riduce al pur alto valore del 19,2% i valori di ansia e depressione grave delle ultime 4 settimane, si può concludere che tra i nostri pazienti vi è una propensione a lamentare disturbi maggiore di quanto non si diagnostichi; lo stesso si può ipotizzare per il caso dell’epatopatia (Figura 1).
Riguardo ai consumi alcolici, solo un terzo dei soggetti nei 12 mesi precedenti l’intervista (durante i quali in molti casi i soggetti erano già in trattamento) ha bevuto l’equivalente di almeno 10 grammi di alcol al dì, con una notevole quantità media per bevitore, 150 grammi di alcol assoluto, equivalenti a più di un litro e mezzo di vino al dì.
La Figura 2 descrive i sintomi identificativi dei criteri diagnostici del DSM IV per alcol-dipendenza, confrontando la Toscana, che rappresenta la modalità “mediterranea” del bere in Italia, con il FVG, che rappresenta la modalità “nordica” e con i dati europei. In ogni caso la frequenza dei sintomi è in Toscana significativamente inferiore (da 1,9 a 4,8 volte) rispetto a quella rilevata nel FVG. Nel caso di abuso di alcolici, il sintomo “problemi legali dovuti al bere” risulta addirittura 12 volte minore. Tutto ciò depone a favore di una minore gravità dei problemi alcol-correlati in Toscana rispetto al FVG.
Il 51,7% degli intervistati riferivano di aver avuto contatti (almeno 2) negli ultimi 6 mesi col proprio medico di medicina generale. Tali percentuali sono inferiori a quelle riportate in un altro studio toscano (94,6%) dal sia pur piccolo numero di assistiti ambulatoriali dei medici di medicina generale con diagnosi di alcol-dipendenza.
Ciò si spiegherebbe con la tendenza a evitare di esporsi col proprio medico di medicina generale da parte degli alcolisti, che preferiscono recarsi autonomamente ai servizi alcologici o ai gruppi di mutuo aiuto; mentre hanno una migliore relazione col curante quegli alcolisti che il medico di medicina generale riesce a individuare tra i propri assistiti.
A tal proposito si è auspicato che i medici di medicina generale diventino sempre più abili nell’identificare e trattare più precocemente chi ha problemi col bere tra i propri assistiti, anche se i programmi di “Identificazione Precoce” e “Intervento Breve” trovano difficile attuazione.
Il 21,9% degli intervistati ha avuto almeno 2 ricoveri negli ultimi 6 mesi, di fronte al 3,5% del tasso annuale di ospedalizzazione della popolazione generale italiana (standardizzato per età) nel 2014 (http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?menu=notizie&p=dalministero%20&id=2193). Gli accessi al Dipartimento Emergenza e Accettazione (DEA) (almeno 1 negli ultimi 6 mesi), presumibilmente in parte per patologie relative al bere, erano il 15,8%. Tale consumo di servizi appare più o meno simile a quello dei pazienti ambulatoriali dei medici di medicina generale (Figura 3).
I limiti dello studio riguardano la scelta opportunistica del campione, parzialmente rappresentativo di tutti i pazienti dei servizi alcologici regionali, e la sua bassa numerosità. Gli intervistati sono stati contattati dietro richiesta dei loro curanti; tale distorsione selettiva può spiegare l’assenza di rifiuti. I dati si riferiscono a valori auto-riportati, dunque sono soggetti alle distorsioni percettive degli intervistati, come peraltro è comune nelle inchieste epidemiologiche. Infine, in linea con la ricerca europea, di cui questo studio è una gemmazione, sono state analizzate solo alcune tra le patologie correlate al bere.
Conclusioni
I risultati dello studio confermano che alcol-dipendenza e abuso di alcolici si associano a condizioni socio-economiche e lavorative e a consistenti problemi psicologici e sanitari.
In Toscana i sintomi che connotano l’alcol-dipendenza e l’abuso di alcolici appaiono meno gravi rispetto ad altre regioni italiane, quali il Friuli Venezia Giulia, e ai paesi europei, con un profilo di dipendenza/abuso vicino a quello dei paesi delle regioni mediterranee.
Un’osservazione che merita di essere approfondita è che i soggetti con alcol-dipendenza in trattamento specialistico e quelli che frequentano l’ambulatorio del proprio medico di medicina generale sembrano far parte di due gruppi distinti per scelta di trattamento.
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