Molti esami genetici sono offerti direttamente ai consumatori per indagare stili di vita (inclusa l’alimentazione), comportamenti e attitudini individuali. La breve serie sui test genetici DTC, qui conclusa, vuole stimolare la discussione su una tematica riguardo alla quale il medico sarà chiamato a esprimersi sempre più spesso con l’ampliarsi delle conoscenze e degli spazi d’azione dell’e-commerce.
Parole chiave: test genetici, diretti al consumatore, nutrigenomica, performance atletica, talenti.
I test genetici diretti al consumatore (DTC) sono proposti sempre più spesso per indagare caratteristiche non strettamente correlate allo stato di salute, come stili di vita (inclusa l’alimentazione), comportamenti e attitudini individuali. Rientrano in quest’ambito i test nutrigenomici, di performance atletica e di “talentuosità”.
Test nutrigenomici
La genomica della nutrizione si fonda sulle conoscenze dell’epigenetica, ossia sulla cognizione che esistono fattori in grado di influenzare l’espressione dei geni e quindi il fenotipo, senza modificare la struttura del DNA. La nutrigenomica studia gli effetti che le molecole assunte con la dieta esercitano sul profilo di espressione genica e le interazioni con le varianti genetiche, valutandone rischi e benefici sul piano del bilancio salute-malattia (Herceg 2014). Se è indubbio che alcune anomalie genetiche causano una risposta negativa a determinati alimenti (es. fenilchetonuria tra le malattie geniche e celiachia tra quelle multifattoriali), appare invece arbitrario sostenere che dal patrimonio genetico si possa definire la migliore alimentazione possibile per il singolo soggetto. In altri termini, dato un patrimonio genetico “sano”, non c’è oggi ragione di credere che ci si debba orientare verso alcuni cibi piuttosto che altri, se l’alimentazione è salubre ed equilibrata. È molto difficile documentare variazioni su base genetica della risposta al cibo di soggetti sani (in assenza di patologie conclamate), dove i parametri da valutare sono innumerevoli e la complessità elevata: costituzione fisica, etnia, circostanze di vita e climatiche, tipo di lavoro, anamnesi ecc. Per raggiungere un significato scientifico, in riferimento alla interazione dieta/genoma per una popolazione di soggetti sani, occorre uno studio su un ampio campione di migliaia di soggetti con un investimento economico non
indifferente, giustificato solo per patologie importanti. Già da tempo è stato denunciato il pericolo di un moderno “malocchio” da scongiurare con apposite diete elaborate in cerca di guadagni facili. Purtroppo, l’esca del “ti preparo la dieta ricavata dallo studio dei tuoi geni” (c.d.“dieta genetica“) sta guadagnando proseliti anche in Italia non soltanto con proposte on line ma anche in beauty-farm o palestre. Si dichiara infatti che i risultati dei test, ottenuti da tampone buccale, potranno fornire suggerimenti di integrazione e alimentazione adatti al proprio profilo genetico, onde prevenire le malattie o non ingrassare senza fare rinunce e non dando peso agli innumerevoli fattori che influenzano i complessi quadri metabolici (Katz 2014 ).
Test di performance atletica
Al presente, circa il 15% delle imprese censite nel campo dei test genetici DTC commercializza test di performance atletica (Phillips, 2016). A fronte dell’alta penetrazione nel mercato, le carenze osservate sono molteplici. La maggior parte delle imprese non dichiara quali geni analizza e quelle che lo fanno presentano un mutevole spettro di varianti esaminate, prevalgono i casi in cui non è fornita indicazione del fondamento scientifico sotteso alle proposte, le campagne promozionali sono sovente fuorvianti e i consensi inadeguati. Il Consensus Statement 2015 dei ricercatori attivi nel campo della medicina dello sport e dell’esercizio fisico ribadisce che, in base alle conoscenze attuali, i test genetici hanno un ruolo limitato o del tutto assente nell’identificazione dei talenti sportivi e nelle prescrizioni individualizzate di training per valorizzare le performances e che il test più comune per la variante R577X nel gene ACTN3 concerne un aspetto responsabile, al massimo, del 2% della variabilità inter-individuale nella forza muscolare e nella velocità dello sprint (Webborn, 2015). Non si può, dunque, che condividere la conclusione che, ad oggi, nessun bambino o giovane atleta dovrebbe essere esposto ai test genetici DTC per definire i regimi di training o identificare i talenti atletici individuali. In questa considerazione non rientrano, ovviamente, le indagini genetiche volte a individuare i soggetti a rischio per eventi cardiovascolari improvvisi durante l’esercizio fisico.
Test di “talentuosità”
I test genetici per la predizione dei talenti individuali (extra-sportivi) costituiscono un segmento attualmente limitato del settore DTC. Solitamente i kit in vendita non riguardano solo le capacità e le doti intellettuali rilevanti (nei campi niente meno che di pittura, danza, musica, letteratura, linguistica, ecc.), ma anche le inclinazioni e i tratti della personalità (timidezza, ottimismo, intelligenza analitica, memoria, creatività, tendenza ad alzarsi presto al mattino o piuttosto ad andare a dormire tardi la sera, ecc.). La revisione dei siti delle società al momento attive non ci ha consentito di individuare l’indicazione delle evidenze scientifiche a supporto delle offerte e sovente neppure dei geni analizzati. A nostro parere, i potenziali acquirenti devono fare, dunque, più un atto di fede che non una scelta ponderata sull’evidenza scientifica. A giustificazione dei consumatori, tuttavia, è stato rilevato che la politica di
“marketing genetico DTC” tende sovente a distorcere il processo con cui nel mondo scientifico si passa dai dati empirici alle conclusioni cliniche e ad alterare apertamente o implicitamente la rappresentazione dell’utilità dei test commercializzati. (Vashlishan Murray, 2010).
Conclusioni
Le informazioni sull’impiego in Italia dei test genetici DTC sono scarse. A nostra conoscenza, è pubblicato un solo studio che indaga il punto di vista e le esperienze dei medici di medicina generale in tre Regioni italiane (Toscana, Emilia-Romagna e Lazio) sui test di suscettibilità DTC (Baroncini 2015). Dai dati risulta che poco meno del 10% (11/114) dei medici sondati era stato interpellato dai pazienti nel corso del 2013 per avere informazioni prima di un eventuale acquisto o consigli dopo l’esecuzione e che la stragrande maggioranza dei professionisti non si sentiva adeguatamente formata al riguardo. La breve serie qui presentata vuole favorire la discussione sui test genetici DTC riguardo ai quali il medico sarà chiamato a esprimersi sempre più spesso con l’ampliarsi delle conoscenze e degli spazi d’azione dell’e-commerce.
Info: torricellifr@gmail.com