Maria Paola Zanoboni, storica di professione, pubblica per Jouvence un agevole testo, La vita al tempo della peste”, nel quale ripercorre i principali episodi epidemici tra il mille e il milleseicento, inserendo la narrazione in un ampio quadro sindemico prevalentemente riferito alla sanità, ai rimedi, alle condizioni economiche e alle conseguenze sociali della peste.
Ne esce un quadro forse un po’ frammentario ma di piacevole lettura e ricchissimo di particolari assai vivi e coinvolgenti. L’insegnamento è che i provvedimenti di sanità pubblica, nonostante l’enorme messe di conoscenze che dividono l’attuale pandemia da ogni precedente storico, sono sempre gli stessi e nascono da osservazioni empiriche tuttora valide.
Lo strumento principale è la quarantena, che talora si spinge fino all’assedio militare, alla chiusura degli esercizi commerciali, alle sepolture pubbliche, all’invenzione dei lazzaretti, il tutto provocando crisi e sofferenze inaudite alle popolazioni colpite dalla peste ma, ancor più, dalla fame e dalla miseria.
Forse la differenza più rilevante, rispetto all’odierna pandemia, sta nella coscienza dell’origine umana (viviamo nel cosiddetto antropocene) della zoonosi che ci colpisce in questo terribile momento storico, e quindi delle nostre responsabilità politiche e sociali. Non possiamo più accusare miasmi o prodigi o untori o punizioni divine ma noi stessi, che però, come Dedalo fu creatore del Labirinto e anche del filo di Arianna, abbiamo provocato il grave dissesto della biodiversità e poi, in meno di un anno, prodotto il vaccino.
Lo studio della storia delle pestilenze, di cui il testo della professoressa Zanoboni è un ottimo esempio, con il suo suggestivo quadro di gravissimi danni umani, sociali e economici, dovrebbe indurci a rifletter e agire per prevenirle volgendo i nostri sforzi verso una sanità one health, rispettosa della biodiversità e consapevole del ruolo dell’umanità di preservare il pianeta per le future generazioni.