Cookie policy +39 055.496522 m.marongiu@omceofi.it

OMCeO Firenze - Toscana MedicaOMCeO Firenze - Toscana MedicaOMCeO Firenze - Toscana Medica

  • Home
  • Edizione mensile
  • Altro
    • INVIA ARTICOLO
    • TAG
    • REDAZIONE
    • Area riservata

Cookies

OPINIONI A CONFRONTO
29 Dicembre 2021
Visite: 4975

Fragilità ossea, osteoporosi e non solo

  • Stampa

Sergio BaglioniSergio Baglioni
Medico di medicina generale, Firenze

Roberto BanfiRoberto Banfi
Farmacista, membro del Comitato Prezzi e Rimborso di AIFA e del Comitato Etico di Area Vasta Centro

Angelamaria BecorpiAngelamaria Becorpi
Responsabile Unit Medicina Integrata e Tecnologia Applicata per la Salute della Donna in Menopausa Iatrogena, DAIMI - AOU Careggi; Coordinatore Gruppo Menopausa Iatrogena della Regione Toscana

Laura MasiLaura Masi
Direttore SOD Malattie del Metabolismo Minerale e Osseo, AOU Careggi

Teresita MazzeiTeresita Mazzei
Professore ordinario di Farmacologia f.r., Università degli Studi di Firenze; Oncologo Medico

 

 

 

TOSCANA MEDICA - Come si definisce l’osteoporosi e quale è oggi in Italia la sua rilevanza epidemiologica?

MASI - Secondo l’OMS l’osteoporosi è una condizione clinica caratterizzata da una riduzione della densità minerale ossea (BMD, Bone Mineral Density) misurata mediante densitometria a raggi X (DEXA), vale a dire 2,5 deviazioni standard (DS) o più al di sotto del valore medio per le giovani donne sane (cioè T-score < - 2,5), nelle donne in postmenopausa e negli uomini di età uguale o superiore a 50 anni.

Si tratta di una delle principali malattie non trasmissibili (carico globale in Europa dell’1,75%) la cui prevalenza e le cui principali complicanze (fratture ossee da fragilità) stanno aumentando in tutto il mondo in parallelo con l’aumento generalizzato dell’età della popolazione globale.

Si stima che in Italia la malattia colpisca circa 5 milioni di persone, di cui l’80% rappresentato da donne in postmenopausa. Nella fascia di età superiore ai 50 anni il rischio di incorrere in una frattura da osteoporosi è del 35% nelle donne e del 16% negli uomini. La mortalità da frattura del femore è del 5% nel periodo immediatamente successivo all’evento e del 15-25% a 1 anno. Nel 20% dei casi si assiste alla perdita definitiva della capacità di camminare autonomamente e solo il 30-40% dei soggetti torna alle condizioni cliniche precedenti alla frattura.

Siamo evidentemente di fronte a situazioni con importanti conseguenze in termini sia di mortalità che di disabilità, che determinano una non soddisfacente qualità della vita dei malati comportando notevoli costi sia diretti che indiretti.
In Toscana recentemente è stata approvata la LR n. 20 del 5 marzo 2020 (Promozione della medicina di iniziativa. Modifiche alla LR 40/2005) ed è stato “costruito” un percorso assistenziale per la presa in carico globale delle persone con fratture da fragilità e in particolare per la prevenzione secondaria delle ri-fratture.

TOSCANA MEDICA - L’osteoporosi viene ancora oggi considerata una patologia “silente” e quindi spesso misconosciuta. È vera questa affermazione?

BAGLIONI - L’osteporosi potrebbe essere il prototipo di una condizione clinica facilmente gestibile in maniera continuativa in quanto prevedibile sulla base di una serie di fattori quali le condizioni di rischio, la familiarità, il sesso, gli stili di vita, il progredire dell’età, l’occorrenza di fratture, la presenza di situazioni osteopenizzanti note. Seppure ben identificabile sia nelle fasi di esordio che durante la sua lunga storia clinica, si tratta ancora oggi di una malattia certamente non ben controllata. Questa situazione di fondo può essere legata a più ordini di fattori quali, ad esempio, le troppe competenze specialistiche convergenti e talvolta sovrapposte sullo stesso soggetto, gli schemi di cura che, in assenza di troppe alternative, hanno attraversato e in parte ancora attraversano “crisi” cicliche, un carico eccessivo di “pseudoterapia” in alcuni casi sostenuta anche da Colleghi.

Nella gestione dell’osteoporosi, è esperienza comune, spesso vediamo la sovrammissione diagnostica e terapeutica di molte figure professionali, talvolta con sistematici e in altri casi occasionali interventi che vedono in campo il medico di medicina generale, il ginecologo, l’endocrinologo, l’ortopedico, il reumatologo, il geriatra e così via. A queste figure si affiancano, purtroppo, le “indicazioni” fornite da Doctor Google, il passaparola tra i pazienti, gli approcci nutrizionali più o meno condivisibili che inevitabilmente finiscono per condurre a sovradosaggi di diagnosi e a cure non appropriate.

I Colleghi meno giovani ricorderanno qualche anno fa l’esplosione della calcitonina, somministrata anche per spray, prodotto di dubbia efficacia ma al tempo ampiamente prescritto anche con la benedizione di AIFA. A seguire storia simile, forse con meno clamore ma con altrettanti alti e bassi, hanno avuto il ranelato di stronzio e la vitamina D, finita per diventare la principale panacea per tutta una serie di problematiche e disturbi ed erroneamente primo strumento di cura per l’osteoporosi.

Questo scenario negli anni ha portato all’intervento delle autorità regolatorie con un aumento importante del carico burocratico in capo ai medici, come, ad esempio, la comparsa delle note AIFA 79 e 96 oppure la citazione obbligatoria dell’apposita normativa regionale di riferimento per la prescrizione della MOC.

In conclusione l’osteoporosi, malattia importante per la qualità della vita dei pazienti e in alcuni casi anche per la loro sopravvivenza, per i motivi sopra ricordati ha raccolto negli anni una quantità impressionante di stereotipi negativi.

TOSCANA MEDICA - Come si diagnostica l’osteoporosi primitiva?

MASI - L’osteoporosi postmenopausale è la forma più frequente di malattia primitiva ed è dovuta al deficit estrogenico che determina un’accelerazione della perdita ossea dovuta all’età. La condizione è caratterizzata da una rapida perdita di massa ossea a livello dell’osso trabecolare con parziale risparmio di quello corticale. Tale perdita è responsabile di fratture da fragilità soprattutto a carico delle vertebre e del radio distale. È inoltre presente un elevato turnover osseo con aumento del riassorbimento endostale e inibizione della formazione ossea periostale.

Per una corretta definizione della malattia è necessario raccogliere un’attenta anamnesi ed eseguire un altrettanto accurato esame clinico del paziente, oltre a richiedere una valutazione radiologica della colonna dorso-lombare e opportuni esami ematochimici. La conoscenza della storia medica del paziente è fondamentale anche per stimare il suo rischio di frattura, evidenziando la presenza di eventuali fattori di rischio quali una storia familiare di osteoporosi con fratture da fragilità, storia di pregressi eventi fratturativi, non corrette abitudini nutrizionali e stili di vita non appropriati, assunzione di farmaci che possono alterare il metabolismo dell’osso.

La misurazione della BMD con tecnica DEXA (densitometria a raggi X) è unanimemente considerata il più importante predittore delle fratture osteoporotiche ed è indicata, ai sensi del DM 12 gennaio 2017 che regolamenta i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), nelle donne di qualunque età, in presenza di un fattore di rischio maggiore (ad esempio, precedenti fratture da fragilità causate da un trauma minimo, anamnesi familiare materna di frattura osteoporotica in età inferiore ai 75 anni, menopausa prima dei 45 anni, indice di massa corporea (BMI, Body Mass Index) < 19 kg/m2, terapia protratta con glucocorticoidi) e, limitatamente alle donne in menopausa, in presenza di almeno tre o più dei seguenti fattori: periodi superiori ai 6 mesi di amenorrea premenopausale, inadeguato apporto di calcio (< 1.200 mg/die), consumo di più di 20 sigarette al giorno, abuso di sostanze alcoliche (> 60 gr/die di alcol).

L’osteoporosi rappresenta un importante problema di salute anche per i maschi, visto che oltre il 20% di tutte le fratture di femore si verifica nel sesso maschile e l’incidenza di fratture vertebrali è circa la metà di quella riportata nelle donne.

’osteoporosi maschile è frequentemente secondaria (circa ⅔ nei maschi contro ⅓ nelle femmine) per cui vanno sempre escluse eventuali condizioni patologiche associate alla malattia.

Anche negli uomini la misurazione della BMD con tecnica DEXA è il metodo di scelta per la definizione del rischio di fratture e, secondo i LEA, è indicata a qualunque età se in presenza di un fattore di rischio maggiore (ad esempio, terapia steroidea prolungata) o in presenza di tre o più dei seguenti fattori di rischio minori per gli uomini di età superiore ai 60 anni: anamnesi familiare per osteoporosi severa, magrezza eccessiva, inadeguato apporto di calcio, consumo elevato di sigarette (oltre 20 al giorno) e di sostanze alcoliche.

Anche se i criteri densitometrici per la diagnosi di osteoporosi nel maschio non si basano su livelli di evidenza pari a quelli per la femmina, attualmente il cut-off diagnostico densitometrico accettato per la definizione di malattia nell’uomo è un livello di T-score < -2,5 SD rispetto al soggetto maschio giovane adulto.

TOSCANA MEDICA - Nella pratica clinica quotidiana come si può calcolare il rischio fratturativo da fragilità ossea?

MASI - È possibile tramite specifici algoritmi effettuare una valutazione integrata della BMD e dei più significativi fattori di rischio, parzialmente o totalmente indipendenti dalla BMD, tale da consentire una quantificazione più accurata possibile del rischio fratturativo da fragilità nel medio termine (5-10 anni successivi) e quindi l’identificazione dei soggetti ai quali proporre un appropriato trattamento farmacologico.

Fig 1 opinioni a confronto

Nella definizione di fattori di rischio clinici indipendenti dalla BMD inclusi in questi algoritmi si è tenuto conto di una serie di studi e metanalisi che ne hanno identificato la rilevanza, ma anche della facilità della loro identificazione e quantificazione. La grande importanza di alcuni fattori di rischio indipendenti dalla BMD (diabete mellito, deprivazione androgenica, uso di inibitori dell’aromatasi) ha infine determinato anche un loro maggiore peso nei criteri per la rimborsabilità dei farmaci per l’osteoporosi in Italia (nota AIFA 79).

Attualmente per la valutazione integrata dei molteplici fattori di rischio si usano algoritmi matematici che quantizzano il rischio in termini di 10-year fracture risk. Uno dei più utilizzati è il FRAX™ (http://www.shef.ac.uk/FRAX) che tuttavia presenta limiti intrinseci dovuti soprattutto all’utilizzo di variabili solo dicotomiche. Per migliorare l’accuratezza del FRAX™ in Italia ne è stata ricavata una versione definita Derived Fracture Risk Assessment o DeFRA (http://defra-osteoporosi.it).

L’esame dei dati presenti in Health Search, database della Medicina Generale che contiene i dati di circa 1 milione di pazienti di età compresa tra i 50 e gli 85 anni, ha consentito di verificare che l’incidenza delle fratture osteoporotiche è 11,56 (IC 95% 11.33-11.77 ) per le femmine e 4,91 (IC 95% 4.75-5.07) per i maschi.

I fattori predittivi per il rischio di fratture da fragilità si sono dimostrati in linea con quelli dell’algoritmo FRAX™, portando allo sviluppo di uno score oggi denominato FraHS inserito nelle cartelle usate dai medici di medicina generale e quindi di uso immediato su tutta la popolazione.

TOSCANA MEDICA - Tra le forme secondarie di osteoporosi, GIOP (Glucocorticoid-Induced Osteoporosis) e associata a CKD (Chronic Kidney Disease), particolare importanza è rivestita dalla forma CTIBL (Cancer Treatment-Induced Bone Loss).

BECORPI - Parliamo essenzialmente del carcinoma mammario che, a causa delle terapie farmcologiche che spesso si rendono necessarie dopo il trattamento chirurgico primario, rappresenta la principale causa di menopausa indotta (anche in età molto precoce) con tutte le problematiche che ne possono conseguire. Non bisogna poi dimenticare che negli ultimi decenni si è assistito a una significativa riduzione del tasso di mortalità di questo tumore e infatti, grazie alla diagnosi precoce e ai trattamenti adiuvanti, oltre il 90% delle pazienti con malattia in fase iniziale permangono in vita dopo 5 anni.

A questa situazione consegue il fatto che queste donne vivono per periodi di tempo anche molto lunghi in una condizione di ipoestrogenismo iatrogeno con ripercussioni inevitabili nel medio e lungo periodo sulla loro salute ossea (aumentato rischio di fratture patologiche).

In relazione alla suddetta situazione di carenza estrogenica, il modello maggiormente esemplificativo del rapporto tra blocco ormonale adiuvante e qualità della vita è rappresentato dalla terapia con gli inibitori dell’aromatasi, farmaci che a causa di importanti effetti indesiderati (artralgie, manifestazioni neurovegetative di carattere vasomotorio, sintomi genitourinari, alterazioni del tono dell’umore ecc.) soprattutto nel primo anno di assunzione registrano percentuali significative di interruzione della terapia.

Diversi studi hanno valutato l’impatto che la sintomatologia dolorosa esercita sulla qualità della vita (Qdv) durante il primo di trattamento con inibitori dell’aromatasi. In particolare uno, di coorte multicentrico, ha esaminato la Qdv (secondo l’EORTC QLQ-BR23), i sintomi somatici e psichici, la tipizzazione psicologica, il temperamento e le strategie di coping prima del trattamento e a ogni visita di follow-up su donne con carcinoma mammario in fase iniziale.

Tab 1 opinioni a confronto

Se gli inibitori dell’aromatasi, nonché gli altri farmaci volti a indurre un blocco ormonale adiuvante nelle pazienti con carcinoma mammario, hanno un impatto negativo in termini della Qdv nel breve e medio termine, è altresì ampiamente riconosciuto che gli effetti negativi si presentano anche a livello della situazione ossea. Come nel caso della cessazione della funziona ovarica indotta dalla chemioterapia, anche gli inibitori dell’aromatasi, soli o in associazione agli analoghi del GNRH, determinano una rapida e importante perdita di massa ossea, con un impatto significativo (soprattutto nel primo anno di trattamento) in termini di fratture da fragilità.

MASI - Le maggiori conoscenze sulla biologia dei tumori, il miglioramento della diagnostica e i progressi delle cure hanno notevolmente aumentato l’aspettativa di vita di un gran numero di pazienti neoplastici con un significativo incremento della sopravvivenza globale. Tuttavia un trattamento antineoplastico prolungato è spesso associato a effetti a lungo termine che influiscono negativamente sulla qualità della vita dei pazienti con un pesante impatto in termini sociali ed economici e in questo senso giova ricordare che la maggior parte dei trattamenti antitumorali è associata alla perdita ossea.

I soggetti con carcinoma mammario o prostatico possono presentare una diminuzione della BMD durante la terapia antiormonale con conseguente osteopenia e osteoporosi. Anche i trattamenti chemioterapici contribuiscono alla perdita della massa ossea, sia direttamente attraverso una disregolazione dell’attività accoppiata osteoblasti-osteoclasti, che indirettamente come risultato della comparsa di problematiche croniche a livello renale, alterazioni elettrolitiche e ipogonadismo. Anche radioterapia, terapia con glucocorticoidi e inibitori della tirosinchinasi contribuiscono a danneggiare la salute delle ossa.

Il mantenimento della massa ossea è conseguenza del lavoro in equilibrio tra cellule osteblastiche, osteoclastiche e osteociti. Questo equilibrio è finemente regolato da fattori sistemici e locali, tra i quali spicca l’azione dell’attivatore del recettore del fattore nucleare kB-ligando. L’asse (RANK-L)/RANK/osteoprotegerina (OPG) svolge il ruolo principale.

RANK-L è un membro della famiglia del Fattore di Necrosi Tumorale (TNF) espressa dagli osteoblasti e dalle cellule stromali. Dopo il legame a RANK una proteina integrale di membrana sulla superficie dei precursori degli osteoclasti, RANK-L, guida la loro differenziazione. OPG, un recettore solubile per RANK-L, è secreto principalmente dagli osteoblasti e previene l’eccessiva maturazione degli osteoclasti e il riassorbimento osseo.

Altri fattori pro-osteclastogenici includono un certo numero di citochine (interleuchine 6 e 1), il Fattore stimolante le colonie di macrofagi (M-CSF) e prostaglandine, bilanciati fisiologicamente da molecole anti-osteclastogeniche come le interleuchine 4 e 18 e l’interferone-C.

Accanto a questi sistemi altri meccanismi di controllo del metabolismo dell’osso sono rappresentati dalle molecole regolatrici dell’omeostasi calcio-fosforica (paratormone, vitamina D e calcitonina).

Fig 2 opinioni a confronto

La terapia endocrina instaurata dopo la chirurgia per il tumore della mammella (positivo nel 95% dei casi per il recettore estrogenico) può indurre perdita di massa ossea, similmente a quanto accade nel periodo menopausale durante il quale la carenza estrogenica aumenta il rischio di riduzione della BMD e di fratture da fragilità.

Peraltro poiché la diagnosi di tumore della mammella si osserva frequentemente in donne in età fertile, la terapia adiuvante nelle diagnosi precoci in premenopausa si associa a una rapida perdita di massa ossea. In questi casi 6 mesi di terapia con analoghi Gn-RH determinano una riduzione della BMD del 10,5% con il suo recupero dopo 12 mesi dalla cessazione della terapia. Anche 6 mesi di trattamento chemioterapico causano una riduzione della BMD del 6,5%, senza tuttavia recupero alla sospensione della cura.

I rischi a lungo termine di queste terapie devono sempre essere valutati con attenzione seppure a fronte di indubbi benefici, con la necessità di programmare adeguati schemi di follow-up per le pazienti che vi si sottopongono.
Nel 2015 AIFA ha recepito la condizione di rischio associata alle terapie endocrine in donne con cancro della mammella ed ha ritenuto possibile l’impiego di terapie specifiche (per esempio ad azione antiriassorbitiva sull’osso) per la prevenzione primaria in pazienti neoplastiche in menopausa a elevato rischio di frattura in corso di trattamento di blocco ormonale.

Alcune considerazioni sul cancro prostatico, la neoplasia maligna più frequente nel maschio adulto nei Paesi occidentali. Promosso dagli androgeni, almeno nelle fasi iniziali risulta sensibile ai trattamenti di deprivazione androgenica (ADT), inclusi l’orchiectomia e l’uso degli agonisti del Gn-RH. La riduzione del testosterone circolante e il conseguente abbassamento dell’estradiolo sierico causano una diminuzione della BMD, un incremento del grasso corporeo e una riduzione della massa muscolare.

Uno studio pubblicato qualche anno fa ha preso in considerazione la BMD e il BMC (Bone Mineral Content) in 20 pazienti orchiectomizzati o trattati con estrogeni per cancro prostatico non metastatico, prima e 1 anno dopo ADT. È stato possibile dimostrare che nei soggetti orchiectomizzati BMD e BMC risultano diminuiti nella maggior parte delle aree anatomiche però con cambiamenti statisticamente significativi solo al radio, mentre i soggetti trattati con estrogeni non hanno presentato perdita di massa ossea.

Successivamente un’analisi retrospettiva ha valutato l’incidenza di frattura in 50.613 pazienti con cancro prostatico, descrivendo un aumento statisticamente significativo in quelli trattati con ADT (19,4%) rispetto a quelli non trattati (12,6%). Studi ulteriori hanno poi evidenziato che i pazienti con neoplasia prostatica che ricevono una ADT hanno un tasso di perdita ossea da 5 a 10 volte più elevato entro il primo anno di terapia con un tasso annuo per qualsiasi frattura fino al 7,91% rispetto al 6,55% dei controlli.

TOSCANA MEDICA - Illustriamo le principali opzioni di cura per l’osteoporosi

MAZZEI - Credo sia per prima cosa importante sottolineare che anche nel campo dell’osteoporosi l’impegno multidisciplinare di tanti professionisti è assolutamente da ricercare per evitare le incresciose situazioni che ricordava in precedenza il dottor Baglioni.

Fatta questa premessa, ricordiamo che nel delicato equilibrio tra sintesi di nuovo osso e il suo riassorbimento gli ormoni steroidei (estrogeni e testosterone) giocano un ruolo fondamentale. Si tratta di una serie di meccanismi estremamente sofisticati, ancora non del tutto ben chiariti, il cui effetto può comunque riassumersi nella considerazione che gli estrogeni proteggono il tessuto osseo attivando gli osteoblasti e che la loro diminuzione induce invece un riassorbimento dell’osso legato all’attivazione degli osteoclasti.

Nell’uomo la densità minerale ossea presenta una stretta correlazione con i livelli sierici di testosterone, che fisiologicamente decrescono con l’aumentare dell’età e possono condurre (insieme ad altre condizioni quali obesità viscerale, sindrome metabolica, depressione, fumo, terapie cortisoniche prolungate) a osteoporosi e fratture da fragilità ossea. La deprivazione androgenica attuata nei soggetti con cancro della prostata provoca un immediato calo del testosterone e di conseguenza degli estrogeni, ormoni fondamentali per il mantenimento di livelli ottimali di BMD.

Per tornare alla terapia, ricordo che i farmaci antiosteoporotici si distinguono in 2 categorie, gli antiriassorbitivi e gli anabolici, entrambi in grado di ridurre il rischio di fratture vertebrali con però minore efficacia su quelle femorali e non vertebrali. Sono soggetti alla nota 79 di AIFA e per alcuni è necessaria la compilazione del piano terapeutico da parte dello specialista.

Tra le molecole ad azione antiriassorbitiva ricordo i bifosfonati, denosumab e i modulatori selettivi del recettore per gli estrogeni (SERMS).

I bifosfonati (alendronato, risedronato, ibandronato, zoledronato, clodronato come seconda scelta) sono molecole sintetiche analoghe del pirofosfato che si fissano sulla superficie dell’osso aumentandone la mineralizzazione e bloccando l’azione degli osteoclasti. Sono molto efficaci nel ridurre sia il rischio di fratture da fragilità che quello di mortalità in prevenzione secondaria dopo un evento fratturativo. I loro effetti collaterali più importanti sono rappresentati da intolleranza gastrointestinale, dolori articolari e, più raramente, osteonecrosi del mascellare e fratture atipiche subtrocanteriche.

Denosumab è un anticorpo monoclonale che blocca il RANK-L e quindi l’attività degli osteoclasti. Alla dose di 60 mg sottocute ogni 6 mesi ha dimostrato notevole efficacia sulla riduzione del rischio fratturativo a livello di tutti i siti scheletrici e si è inoltre rivelato efficace nel ridurre il rischio sia in pazienti con carcinoma mammario in cura con inibitori dell’aromatasi che in uomini con cancro della prostata trattati con terapie antiandrogeniche.

I SERMS sono molecole sintetiche che legandosi al recettore per gli estrogeni producono effetti agonisti a livello osseo e antagonisti a livello della mammella e dell’apparato genito-urinario. I SERMS approvati in Italia per la prevenzione e la terapia dell’osteoporosi nelle donne in postmenopausa come trattamento di seconda linea sono il raloxifene e il badezoxifene, ambedue in grado di ridurre significativamente il rischio di fratture vertebrali ma con aumento della probabilità di comparsa di eventi tromboembolici.

Tra le molecole ad azione anabolica troviamo la teriparatide, derivato sintetico dell’ormone paratiroideo che stimola sia la neoformazione che il riassorbimento osseo con effetto prevalente sulla prima esplicantesi soprattutto durante il primo anno di trattamento. Trova indicazione nel trattamento dell’osteoporosi sia maschile che femminile in soggetti intolleranti o non responsivi alla terapia con farmaci antiriassorbitivi.

Concludo ricordando il ranelato di stronzio e romosumab. Il primo è una molecola a doppia azione che aumenta in maniera modesta i marcatori di neoformazione ossea e riduce quelli di assorbimento con indicazione limitata al trattamento dell’osteoporosi grave nelle donne in postmenopausa e negli uomini ad alto rischio fratturativo per i quali non sia proponibile altra cura antiosteoporotica.

Romosumab è invece un anticorpo IgG2 umanizzato, in commercio in Italia dal 2020 ma non rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale, indicato nel trattamento di osteoporosi gravi nelle donne in postmenopausa con alto rischio fratturativo. Il suo impiego sembra associato all’aumento di eventi cardiovascolari gravi quali ictus cerebrale e infarto del miocardio.

BECORPI - Denosumab (60 mg sottocute ogni 6 mesi) ha rappresentato argomento di uno studio osservazionale condotto in una popolazione di pazienti seguita presso la Unit di Medicina Integrata e Tecnologia Applicata per la Salute della Donna in Menopausa Iatrogena della AOU Careggi di Firenze. La maggior parte delle donne arruolate nello studio ha assunto il farmaco in maniera regolare nel corso del tempo mostrando alta aderenza alla terapia, un elevato livello di soddisfazione e un significativo senso di “sicurezza” verso l’uso della molecola in qualche modo percepita non dannosa per la propria salute fisica.

TOSCANA MEDICA - Dottor Banfi, parliamo degli aspetti farmacoeconomici applicati alla cura dell’osteoporosi.

BANFI - L’argomento può essere correttamente inquadrato esaminando i dati del Rapporto OSMED 2019 sull’uso dei farmaci in Italia con particolare attenzione alla popolazione anziana. I flussi informativi disponibili riguardano l’assistenza farmaceutica erogata in ambito sia ospedaliero che territoriale dal Sistema Sanitario Nazionale e gli acquisti “privati” da parte dei cittadini. Sono inoltre accessibili i dati riguardanti le prescrizioni per età e genere, gli indicatori di aderenza e persistenza, le potenziali interazioni farmacologiche.

Nel 2019 la spesa farmaceutica complessiva pro-capite è stata di 384.43 euro, con i farmaci cardiovascolari che hanno rappreentato la classe terapeutica a maggior spesa (47,58 euro) e consumo (474,3 DDD, Defined Daily Dose, Dose Definita Giornaliera) nel canale della convenzionata. Gli oncologici/immunosoppressori e i farmaci del sangue e degli organi ematopoietici sono quelli rispettivamente a maggior spesa (95,86 euro) e consumo (47,4 DDD) tra i prodotti acquistati direttamente dalle strutture pubbliche. Nell’ambito della farmaceutica convenzionata il principio attivo maggiormente rappresentato per spesa è stato il colecalciferolo (281 milioni di euro).

Parlando di appropriatezza prescrittiva, i farmaci antiosteoporotici sono risultati la categoria in cui si riscontra la più alta percentuale di soggetti con una copertura al trattamento superiore o uguale all’80% nel periodo osservato, seguiti da quelli per la terapia dell’ipertrofia prostatica benigna e dell’ipertensione arteriosa.

Credo che a questo proposito sia importante ricordare che un’assunzione inferiore o uguale al 50% del farmaco prescritto per l’osteoporosi non modifica il rischio fratturativo: l’inadeguata aderenza alla terapia in pratica finisce per aumentare il rischio di fratture da fragilità.

L’analisi del profilo di farmacoutilizzazione per fasce di età e genere conferma il costante aumento dei farmaci contro l’osteoporosi al crescere dell’età in entrambi i sessi, con una prevalenza d’uso maggiore nelle donne rispetto agli uomini.

In Italia il consumo di queste molecole è passato dalle 26,3 DDD del 2015 alle 33,6 del 2019 con una variazione media annua del +5%, determinata in larga parte dall’incremento delle prescrizioni di vitamina D e analoghi. A questo proposito ricordo che a fine 2019 è stata introdotta la nota AIFA 96 che ha modificato le norme di prescrivibilità a carico del Sistema Sanitario Nazionale dei farmaci per la prevenzione e il trattamento della carenza di vitamina D nella popolazione adulta.

Calcifediolo e denosumab sono state nel 2019 le sostanze a maggior variazione di consumo rispetto all’anno precedente (+30,9% e +14,6%) mentre, ad eccezione dell’acido alendronico (+5,5%), gli altri bifosfonati comprese le associazioni hanno fatto rilevare rilevare una riduzione d’uso. Nella lettura di questi dati bisogna comunque considerare che alcune Regioni hanno attuato interventi specifici per limitare la prescrizione inappropriata di vitamina D.

Per quanto riguarda il consumo di farmaci in particolare di quelli per la cura delle patologie croniche durante il 2020, è interessante valutare la variazione percentuale dei consumi tra il periodo pre-COVID (2019) e la fase pandemica (2020). La differenza maggiore in termini percentuali tra questi due periodi si riscontra per gli antibiotici (-22,9%), i farmaci per l’osteoporosi (-16,7%), gli ormoni sessuali e modulatori del sistema genitale (-17,6%), i FANS (-13,2%) e i farmaci attivi sul sistema cardiovascolare (-9,1%).

In termini di prescrizione i “giovani anziani” hanno pagato durante il lockdown il prezzo maggiore, probabilmente a causa delle mancate nuove diagnosi legate all’enorme riduzione delle prestazioni ambulatoriali durante quel periodo.

Concludo con alcune riflessioni. I dati complessivi sui pazienti con pregresse fratture indicano che l’osteoporosi rappresenta una patologia sottotrattata nella popolazione anziana, visto che circa 3 anziani su 4 con pregresso evento fratturativo non ricevono alcun trattamento specifico. Questo dato, riscontrabile in molti Paesi oltre il nostro, sottolinea la necessità di una maggiore attenzione verso il trattamento dell’osteoporosi. Gli uomini hanno una prevalenza di sottotrattamento più elevata rispetto alle donne, verosimilmente almeno in parte legata alle minori evidenze scientifiche in merito alla gestione della condizione osteoporotica nel sesso maschile. Inoltre lo scarso utilizzo di questi farmaci nella fascia di età uguale o superiore agli 85 anni può essere associato alla relativamente bassa aspettativa di vita di questi soggetti.

Fig TM opinioni a confronto

 

 

 

 

  • Avanti
  • tweet

Scarica PDFSCARICA LA VERSIONE PDF DEI BOLLETTINI MENSILI

CERCA ARTICOLI

CATEGORIE

  • AMBIENTE E SALUTE (6)
  • EDITORIALE (60)
  • FRAMMENTI DI STORIA (22)
  • LETTERE AL DIRETTORE (30)
  • LETTI PER VOI (42)
  • MEDICINA LEGALE (11)
  • NOTIZIARIO - VITA DELL'ORDINE (241)
  • OPINIONI A CONFRONTO (52)
  • POLITICHE PER L'EQUO ACCESSO ALLA SALUTE (21)
  • QUALITA' E PROFESSIONE (450)
  • REGIONE TOSCANA (15)
  • RICERCA E CLINICA (64)
  • SANITA' NEL MONDO (22)
  • INTERNET E MEDICINA (2)
  • CLIMA E SALUTE (18)
  • RICORDO (24)
  • LE COPERTINE DI TOSCANA MEDICA (32)
  • PILLOLE DI LEGGE (3)
  • CAMPAGNA ARIA NOVA (1)

newsACCEDI AL NOTIZIARIO

Ultimi articoli

Ancora buona vita Toscana medica 11 Gennaio 2022
Di là dal Rio Freddo: una storia di Careggi 29 Dicembre 2021
COVID-19: il ruolo chiave della salute mentale nell’affrontare un’emergenza sanitaria 29 Dicembre 2021
SOS Famiglia 29 Dicembre 2021
Lotta alla Sindrome della Morte Improvvisa del Lattante (Sudden Infant Death Syndrome): il modello Toscana 29 Dicembre 2021
Le anemie emolitiche: in medias res 29 Dicembre 2021
Fragilità ossea, osteoporosi e non solo 29 Dicembre 2021

Articoli più letti

  • Linee guida dei criteri diagnostici della gammapatia monoclonale e del mieloma multiplo
  • Diagnosi e monitoraggio nei pazienti con sospetto ipertiroidismo e ipotiroidismo
  • Bruxismo. Multiprofessionalità ed aspetti neuropsichiatrici
  • La vaccinazione antitetanica post-esposizione: protocollo per i DEA della Ausl Toscana Centro
  • Instabilità di rotula: nuove opzioni chirurgiche
  • Le usca: cosa sono e cosa fanno
  • La coscienza alterata. Lo stato confusionale acuto
  • Mammografia con mezzo di contrasto: la nuova era della diagnostica senologica
  • Ipertrofia Prostatica. A Prato l’eccellenza toscana nella terapia con il Laser ad Holmium
  • OBBLIGO DI REFERTO PER LESIONI STRADALI: I CHIARIMENTI DELLA PROCURA
© 2015 OMCEO-FI. All Rights Reserved. Designed By TECSIS. Cookies Policy

Search

  • Home
  • Edizione mensile
  • Altro
    • INVIA ARTICOLO
    • TAG
    • REDAZIONE
    • Area riservata