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, Cardiologo, responsabile Unit Cardiomiopatie, SOD Cardiologia Generale 1, Dipartimento Cardiotoracovascolare, AOU Careggi, Firenze
Membri del Gruppo Multidisciplinare
AOU CAREGGI
AOU Meyer
ASL 10 - PO Piero Palagi
La malattia di Anderson-Fabry è una malattia rara da accumulo lisosomiale, geneticamente determinata, sistemica e progressiva in grado di provocare una grave compromissione multiorgano con danni cardiaci, renali e neurologici. Dal 2001 è disponibile una terapia enzimatica sostitutiva (Enzyme Replacement Therapy, ERT) mediante somministrazione endovenosa dell’enzima deficitario alfa-Galattosidasi A ottenuto con tecniche in vitro a cui si è aggiunto, nel 2017, lo chaperone farmacologico (Migalastat) solo per i portatori di specifiche mutazioni.
Dal 2001 a Firenze, presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, è attivo il Centro di Riferimento Regionale dedicato alla Malattia di Anderson-Fabry.
Il Centro si colloca entro la Rete Regionale per le Malattie Rare ed ha in carico attualmente oltre 80 pazienti e le relative famiglie provenienti non solo dalla Regione Toscana ma anche da tutto il Territorio nazionale.
Parole chiave: Anderson-Fabry, malattia da accumulo lisosomiale, alfa-Galattosidasi A, eredità X-linked, Rete Regionale Malattie Rare, ERT, terapia chaperonica
La malattia di Anderson-Fabry (codice di esenzione: RCG080) è una malattia metabolica da accumulo lisosomiale causata dal deficit totale o parziale dell’enzima lisosomiale alfa-Galattosidasi A dovuto a una mutazione del gene GLA, codificante l’enzima e localizzato sul braccio lungo del cromosoma X (locus Xq21.3-q22). Pertanto la trasmissione genetica è X-linked. Il deficit enzimatico porta a un accumulo sistemico, a livello lisosomiale, di cataboliti derivanti dagli sfingolipidi della membrana cellulare (Globotriaosilceramide, Gb3 e Globotriaosilsfingosina, LysoGb3) determinando uno spettro molto ampio di manifestazioni cliniche (Figure 1, 2).
A fronte di una stima di prevalenza riportata di 1/117.000-1/34.000 nella popolazione generale, recenti programmi di screening neonatali, fra cui anche un progetto toscano, hanno in realtà dimostrato una prevalenza di mutazioni associate alla malattia di Anderson-Fabry di circa 1:3.000 maschi nati vivi.
Le manifestazioni d’esordio della patologia, che possono comparire anche in età infantile nelle forme classiche, sono rappresentate principalmente da sintomi conseguenti a neuropatia delle piccole fibre nervose (acroparestesie dolorose, difetto di regolazione della temperatura corporea e sintomi disautonomici), sintomi gastroenterici (diarrea/stipsi/dolore addominale), angiocheratoma e cornea verticillata. In età adulta sono prevalenti l’interessamento cardiaco (ipertrofia cardiaca, bradi e tachiaritmie, fibrillazione atriale, scompenso cardiaco), renale (microalbuminuria, protenuria, insufficienza renale) e neurologico (TIA, ictus cerebrali ischemici ed emorragici, leucoencefalopatia, dolicoectasia vascolare). È interessato anche il sistema cocleo-vestibolare con sintomi e segni quali perdita della capacità uditiva (mono o bilaterale) improvvisa o progressiva, fluttuazioni uditive, acufeni, “fullness” o “pienezza auricolare” e disturbi vertiginoso-posturali. I fattori prognostici che più influenzano la sopravvivenza dei pazienti affetti da malattia di Fabry sono l’insufficienza renale end-stage e le complicanze cardio e cerebro-vascolari, riducendo l’aspettativa di vita rispetto alla popolazione generale di circa 20 anni per i maschi e 10 anni per le femmine. L’eterozigosi, nelle pazienti femmine, può dar luogo a un fenotipo estremamente variabile, severo con esordio in età pediatrica oppure con esordio tardivo in età adulta, oligosintomatiche o asintomatiche.
La conferma diagnostica si avvale della dimostrazione del deficit enzimatico nei maschi emizigoti con conferma genetico-molecolare (gene GLA) per l’esclusione dello pseudodeficit. Nelle femmine eterozigoti, anche se sintomatiche, la conferma diagnostica è genetico-molecolare dato che il test enzimatico può risultare normale. Il dosaggio enzimatico dell’alfa-Galattosidasi A è oggi possibile su goccia di sangue assorbito su apposito cartoncino (DBS, Dried Blood Spot) che, in caso di positività, necessita di conferma genetico-molecolare. La terapia attualmente disponibile prevede la somministrazione dell’enzima deficitario (Enzyme Replacement Therapy) prodotto attraverso tecnologia del DNA ricombinante in vitro e somministrato per via endovenosa con cadenza bisettimanale. Dal 2017 è disponibile una nuova opzione terapeutica solo per i pazienti con mutazioni suscettibili o amenable, rappresentata dallo chaperone farmacologico (Migalastat), somministrato per os a giorni alterni. Infine sono in fase di sviluppo le ERT modificate e la terapia volta alla riduzione della formazione dei substrati che si accumulano nei vari organi e apparati (Substrate Reduction Therapy, SRT).
L’approccio terapeutico prevede inoltre una terapia sintomatica per il dolore (paracetamolo, FANS, farmaci per il dolore neuropatico), la nefroprotezione mediante utilizzo di ACE inibitori o sartanici, l’utilizzo di farmaci anti-aritmici, pace-maker o defibrillatori impiantabili e il ricorso, ove necessario, al trattamento dialitico oppure al trapianto renale. Una diagnosi precoce e un trattamento ottimizzato consentono di migliorare la prognosi con un aumento medio dell’aspettativa di vita di oltre 10 anni rispetto all’era antecedente le moderne terapie.
Dalla fine degli anni ’90 è attivo, presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Careggi Firenze, in collaborazione con la USL Toscana-Centro, un Gruppo Multidisciplinare afferente al Centro di Riferimento Regionale Fabry, istituito nel 2001 e assegnato all’Università degli Studi di Firenze. L’équipe, prima guidata dal dott. Fabrizio Martinelli e da sua moglie dr.ssa Maria Luisa Battini e successivamente dal prof. Franco Cecchi, è ora diretta dal dott. Lino Cirami, direttore ff della SOD Nefrologia Dialisi Trapianto del Policlinico fiorentino. Nelle riunioni che si svolgono almeno mensilmente viene valutato l’iter diagnostico-terapeutico dei pazienti afferenti al Centro. I casi vengono discussi collegialmente da un gruppo costituito da internisti, cardiologi, neurologi, nefrologi, oculisti, pediatri-metabolisti, immunologi, genetisti, dermatologi e audiologi. Gli aspetti organizzativo-logistici e il coordinamento delle numerose visite necessarie (allo scopo di minimizzare il disagio per i pazienti) sono resi possibili dalla presenza di un personale infermieristico altamente specializzato nell’ambito delle malattie genetiche rare. L’attività del Gruppo Multidisciplinare consente un’ottimale gestione delle famiglie e della transizione dall’età pediatrica all’età adulta. È frequente e clinicamente rilevante il ricorso a tecniche di imaging avanzato e di esami di laboratorio che vengono svolti a Careggi e al Meyer. Una volta confermata la diagnosi e in presenza di segni di coinvolgimento d’organo i pazienti hanno a disposizione diverse opzioni terapeutiche quali la terapia enzimatica sostitutiva, somministrata per via endovenosa nelle strutture di day hospital locali (in Toscana non è attivo il servizio di infusione domiciliare) o la terapia chaperonica orale previa redazione di un piano terapeutico specifico. Negli anni il Gruppo Fabry di Firenze ha valutato oltre 120 probandi. Attualmente il Centro ha in carico oltre 80 pazienti di ambo i sessi e le relative famiglie provenienti sia dalla Regione Toscana che da tutto il Territorio nazionale. Lo screening dei familiari dei pazienti ha infatti un ruolo fondamentale nella diagnosi precoce degli altri soggetti affetti. Inoltre, dal 1° novembre 2014, è attivo presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer - UO Malattie Metaboliche e Muscolari ereditarie/Centro Screening Neonatale (dott.ssa Donati) – un progetto di screening neonatale per la malattia di Anderson-Fabry mediante test enzimatico su goccia di sangue neonatale. Dal 2018 tale screening è esteso a tutti i nati della Regione Toscana. In caso di risposta positiva il neonato viene preso in carico presso il Centro e inserito nel programma di follow-up a cui segue lo studio familiare. È stato inoltre possibile diagnosticare nelle famiglie a rischio numerosi pazienti adulti, sia maschi che femmine, alcuni dei quali già sintomatici.
Allo scopo di migliorare la conoscenza della malattia di Anderson-Fabry è stato organizzato un convegno nazionale multidisciplinare che si è svolto a Firenze nei giorni 1 e 2 dicembre 2017 (http://malattierare.toscana.it/news/firenze-1-2-12-2017-convegno-malattia-di-anderson-fabry). L’evento, rivolto a medici e infermieri è stato patrocinato dall’Associazione Italiana Anderson-Fabry Onlus che riunisce i pazienti affetti e le loro famiglie. Nei due giorni di convegno, a cui hanno partecipato un centinaio di persone provenienti da tutta Italia fra cui anche pazienti e loro familiari, sono stati affrontati gli aspetti clinici, diagnostici e le opzioni terapeutiche disponibili con uno sguardo alle prospettive future. Attualmente il Centro partecipa al Registro Multicentrico Internazionale International Fabry Registry e al Registro Toscano delle Malattie Rare ed ha preso parte allo studio registrativo del Migalastat per la terapia chaperonica.
Le manifestazioni della malattia di Fabry possono indirizzare inizialmente verso patologie più comuni renali, reumatologiche, cardiologiche, neurologiche e dermatologiche. A oggi la diagnosi è spesso tardiva, formulata dopo un’odissea diagnostica, comune a tutte le malattie rare (circa 10 anni in media), quando la malattia è già in fase avanzata, pertanto possiede una minore efficacia terapeutica. Per questa ragione è fondamentale conoscere e riconoscere precocemente questa malattia non così rara, così come è importante la sensibilizzazione dei colleghi in quanto l’inizio precoce della terapia mirata consente di prevenire l’insorgenza di danni cardiovascolari, renali e cerebrovascolari con conseguente miglioramento della qualità della vita e riduzione delle necessità assistenziali e di ospedalizzazione.
Un immenso ringraziamento, da parte di tutto il Gruppo Multidisciplinare, va al lavoro e alla figura della dott.ssa Elisabetta Pasquini (Responsabile del Centro Clinico Screening Neonatale, UOC Malattie Metaboliche e Muscolari Ereditarie, Dipartimento di Neuroscienze, AOU Anna Meyer) scomparsa prematuramente nell’ottobre 2018.