Silvia Scannerini, libera professionista, consulente presso Strutture Residenziali Psichiatriche e specialista ambulatoriale nel territorio di Firenze e del Valdarno.
Filippo Turchi, Psichiatra e Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, Direttore della Scuola Cognitiva di Firenze, Docente delle Scuole di Specializzazione Studi Cognitivi, Direttore del Centro Studi Cognitivi, Firenze.
Caterina Franci, Psicologa Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, Dialettico Comportamentale (DBT), EMDR. Docente presso Studi Cognitivi, Firenze.
Stefania Righini, Psicologa Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, Terapia Metacognitiva (MCT), EMDR, Docente presso Studi Cognitivi Formazione, Firenze.
Simone Tavano, Neuropsichiatra Infantile e Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, SOSD Psichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, AOU Meyer IRCCS, Firenze.
Diletta Trenti, Psicologa, Firenze.
ABSTRACT:
Il suicidio è un problema di salute pubblica grave e sottostimato. Una valutazione del rischio di suicidio tramite colloquio clinico combinato con strumenti psicometrici strutturati rende possibile una maggiore prevenzione. La ricerca scientifica supporta l’uso della Columbia-Suicide Severity Rating Scale per valutare i costrutti di ideazione e comportamenti suicidari che nella versione Screener appare uno strumento versatile e di semplice utilizzo.
PAROLE CHIAVE:
suicidio, rischio, valutazione, prevenzione, Columbia-Suicide Severity Rating Scale (C-SSRS)
DATI EPIDEMIOLOGICI
Il suicidio si colloca tra le prime tre cause di morte a livello mondiale (OMS, 2019) e come seconda negli adulti tra i 18 e i 25 anni. In Italia i tassi di mortalità per suicidio sono più elevati al Nord per entrambi i generi e nella popolazione oltre i 65 anni. In linea con il resto del mondo, il suicidio rappresenta la seconda causa di morte tra i maschi di 15-25 anni, con un numero di vittime analogo a quello causato dalle neoplasie (13% del totale) e inferiore solo a quello causato dagli incidenti stradali (35% del totale). I tentativi suicidari, ovvero comportamenti finalizzati alla morte con esito non fatale, sono stimati tra 10 e 40 volte più frequenti e rappresentano un forte fattore predittivo. La pandemia da COVID-19 ha comportato un incremento della percentuale di ideazione suicidaria nella popolazione generale. Rispetto al periodo pre-pandemico in Toscana è stato registrato un incremento del 200% degli accessi in DEA di pazienti in età evolutiva per ideazione suicidaria, comportamenti autolesivi, sintomatologia affettiva ed alimentare. Alla luce di questi dati, l’OMS considera il suicidio una delle emergenze cliniche e si è posta l’obiettivo di ridurre di un terzo la mortalità globale correlata entro il 2030.
Nelle sue ricerche la suicidologa Prof.ssa Posner evidenzia che fino al 50% dei soggetti deceduti per suicidio si era rivolto al medico di medicina generale o aveva fatto accesso in pronto soccorso nel mese precedente e il 25% nei precedenti 12 mesi, per motivi non necessariamente attinenti alla salute mentale. Gli studi suggeriscono in maniera univoca che l’ideazione suicidaria e una storia di pregressi tentativi sono tra i fattori di rischio più salienti e che una valutazione strutturata di tali costrutti, rispetto ad un colloquio clinico di routine, migliora significativamente l’individuazione dei pazienti a rischio suicidario meritevoli di una valutazione specialistica.
IL SUICIDIO: UN FENOMENO MULTIFATTORIALE
Secondo Shneidman, fondatore della suicidologia, il suicidio viene considerato come un tentativo da parte dell’individuo di porre fine o sottrarsi ad un dolore mentale intollerabile, definito con il termine psychache o “tormento della psiche”, oltre il quale la morte diventa la soluzione preferibile. In tale stato perturbato si ritrovano l’angoscia estrema, la perdita di aspettative sul futuro, una visione del dolore come irrisolvibile associati a frequenti vissuti di colpa, vergogna e solitudine. Questo evento può essere considerato come la conclusione di un processo nel quale si individuano alcune fasi: la progressiva crescita del desiderio di morire (o di sottrarsi alla situazione/dolore) in qualità di cognizione; la scelta del metodo con cui attuare il proposito; la progettazione o pianificazione del suicidio (modalità, luogo, tempistica); infine la messa in atto.
Il suicidio viene considerato dalla maggior parte degli studi un fenomeno multifattoriale: vi sono fattori distali (es. genere, età, ruolo dell’epigenetica, credenze culturali/religiose, abusi fisici e sessuali infantili, storia di familiarità per suicidio), psichiatrici (ad esempio pregressi disturbi psichiatrici, pregresso tentato suicidio) e fattori di rischio più prossimali (ad esempio eventi di vita, storia personale, abuso concomitante di sostanze stupefacenti e in particolare alcol, disturbi psichiatrici attuali, situazione psicosociale, recenti dimissioni ospedaliere, disponibilità di mezzi potenzialmente letali, nonché fattori di vulnerabilità cognitiva) e infine fattori protettivi e risorse personali del paziente.
Il disturbo mentale è un fattore contribuente, di certo rilevante, ma non esclusivo nel determinare tale evento; infatti dalla ricerca emerge che circa il 25% dei giovani adulti ha pensieri suicidari e che approssimativamente il 9% di coloro che soffrono di patologie croniche (quali asma, diabete, artrite, cancro, ipertensione, malattia autoimmuni) compie un tentativo di suicidio. Per quanto riguarda gli aspetti cognitivi, in particolare il ruolo dell’hopelessness o mancanza di speranza è stato oggetto di approfondimento da parte del gruppo di studio di A. Beck che ha validato una scala di misurazione specifica, la Beck Hopelessness Scale.
Lo studio di Gibbons e colleghi (2005), evidenzia che solo l’11% dei soggetti di sesso maschile deceduti per suicidio stava assumendo farmaci antidepressivi, rispetto al 41% delle donne, ipotizzando un’influenza del contesto culturale rispetto all’accesso alle cure. I tassi di suicidio tra gli uomini sono inoltre inversamente proporzionali alla densità di popolazione, suggerendo un ruolo dell’isolamento sociale. Un’ulteriore caratteristica da indagare è la bassa o alta letalità del comportamento suicidario che correla con la scelta del metodo utilizzato e con la gravità dell’intento di suicidio. Non sono da sottovalutare comportamenti suicidari a bassa letalità ma anche comportamenti para-suicidari (cioè comportamenti autolesivi in assenza di desiderio di morire) poiché possono andare incontro indipendentemente dall’intenzione del soggetto ad esiti più o meno infausti.
Al fine di effettuare un assessment del rischio suicidario tali variabili andranno perlustrate durante un colloquio clinico strutturato. Per favorire la auto-rivelazione da parte del paziente è consigliabile mantenere un approccio empatico e accogliente rispetto alla suddetta sofferenza dell’individuo, fornire un ambiente idoneo a garantire che le informazioni riservate ed emotivamente sensibili possano essere comunicate al professionista senza il rischio di distrazione, giudizio o intimidazione. Per approfondire la valutazione può contribuire l’integrazione di informazioni da più fonti (ad es. interviste con familiari o caregiver, cartelle cliniche) da valutare caso per caso. Infine oltre alle questioni primarie di ordine deontologico, non vanno sottovalutate le potenziali implicazioni legali, per cui le informazioni raccolte dal professionista devono essere documentate in cartella clinica.
VALUTAZIONE DEL RISCHIO SUICIDARIO IN LETTERATURA
La letteratura internazionale evidenzia l’impossibilità di stabilire un metodo di valutazione clinico scientifico e misure che possano in assoluto evitare il suicidio, tuttavia vengono tracciate indicazioni per effettuare una valutazione del rischio suicidario. A questo proposito nel tempo sono stati sviluppati diversi test psicometrici sebbene ad oggi in letteratura non esista un consenso unanime. La ricerca scientifica ha raccolto ampie evidenze a supporto dell’efficacia e dell’affidabilità della Columbia-Suicide Severity Rating Scale (C-SSRS) elaborata dalla Columbia University, dichiarata nel 2012 da parte della Food and Drug Administration (FDA) lo standard per valutare i costrutti di ideazione suicidaria e comportamenti suicidari nei trials clinici. Diversi studi tra cui quello di Bjureberg J. (2022), indicano che lo screening con la C-SSRS può essere potenzialmente utile per avviare una comunicazione sul suicidio in modo strutturato, ma qualsiasi tentativo di stratificazione del rischio deve altresì integrare informazioni sui fattori di rischio noti e specifici.
Il questionario indaga la presenza e il grado di ideazione suicidaria, ovvero di pensieri e di comportamenti suicidari che perciò potrebbero essere indicativi dell’intenzione dell’individuo di commettere suicidio. Nella versione breve detta SCREENER la scala appare come uno strumento di rapida applicazione (il tempo medio per la somministrazione è inferiore a 5 minuti) e di semplice utilizzo, infatti non necessita di formazione sanitaria specialistica. Somministrabile in popolazioni di adolescenti e adulti, tradotta in 150 lingue e validata in italiano, è facilmente accessibile e gratuita (https://cssrs.columbia.edu/the-columbia-scale-c-ssrs/translations/). Per la formazione gli autori suggeriscono l’uso di video-training di durata variabile da 20 a 60 minuti disponibili online qui https://cssrs.columbia.edu/training/training-options/. Nell’ottica del Protocollo C-SSRS la versione SCREENER viene quindi proposta come strumento di routine versatile, applicabile in vari contesti, come quelli sanitari di cure primarie e di emergenza ma anche non sanitari (militare, scolastico, familiare) come screening inziale e di follow–up allo scopo di ottimizzare le risorse nella gestione clinica per discriminare i pazienti meritevoli di valutazione specialistica approfondita.
C-SSRS: STRUTTURA E MODALITA’ DI SOMMINISTRAZIONE
Il questionario si compone di domande che indagano i due domini dell’ideazione suicidaria e dei comportamenti suicidari, corrispondenti a due sezioni principali. Esistono diversi formati: auto-somministrata, intervista semi-strutturata, versione computerizzata.
La scala è stata progettata in due versioni (Figura 1 e 2): la “SCREENER” o “SCREENING” costituita da 6 items sotto forma di domande standardizzate con risposta dicotomica “si/no”, esplora l’ideazione suicidaria e la sua severità nell’ultimo mese e la presenza di comportamenti suicidari life-time e negli ultimi tre mesi; la “FULL” estesa, è invece costituita da 16 items e indaga oltre ai precedenti costrutti anche l’intensità dell’ideazione suicidaria e la letalità dei comportamenti suicidari su una scala ordinale da uno a cinque punti.


Ad ogni voce della C-SSRS corrispondo definizioni e per ogni categoria sono fornite domande standardizzate allo scopo di guidare l’intervistatore. Si riporta il contenuto dello strumento nella versione SCREENER per ogni categoria (Figura 3):

- Desiderio di morire
- Pensieri attivi di uccidersi
Se il paziente risponde “sì” alla domanda 2 allora procedere a porre le domande 3, 4 e 5. Se la risposta è “no” passare direttamente alla domanda 6.
- Pensieri sulle modalità di suicidio
- Intenzione suicidaria (senza piani specifici)
- Intenzione suicidaria con messa in atto di piani specifici
- Comportamenti suicidari
Se la risposta è “sì”, indagare sulle tempistiche: “Più di un anno fa? Da tre mesi a un anno fa? Nell’arco degli ultimi tre mesi?” Anche se l’ideazione suicidaria è negata, questo non significa che non vi saranno dei comportamenti suicidari. Si deve pertanto indagare riguardo a precedenti tentativi di suicidio anche in assenza di ideazione.
In base al punteggio ottenuto dalla quantità di risposte affermative, la C-SSRS classifica il rischio suicidario in tre categorie: basso (ideazione passiva in assenza di pianificazione); moderato (ideazione attiva in assenza di pianificazione oppure ideazione con pianificazione); alto (ideazione con pianificazione e intenzione associata a comportamenti suicidari recenti). La gravità risulta maggiore in particolare con risposta affermativa alle domande 4 o 5. Alle risposte corrisponde un colore per facilitare l’identificazione dei livelli di gravità da parte dell’intervistatore. I risultati supportano il professionista nel delineare il livello di intervento necessario, che può variare dal monitoraggio alla necessità di un intervento immediato. Al fine di guidare in maniera standardizzata gli interventi successivi, sono state elaborate alcune indicazioni in caso di risposta affermativa: alle domande 1 o 2 indica la necessità di indirizzare il paziente ad una valutazione specialistica in modo differibile/alla dimissione; alla domanda 3 indica la necessità di una valutazione da parte di uno specialista e di monitorare la sicurezza del paziente; alle domande 4 o 5 indica la necessità di effettuare consulenza specialistica urgente e di monitorare la sicurezza del paziente. La risposta “sì” alla domanda 6, se riferita a più di un anno prima, indica la necessità di indirizzare il paziente a un centro di salute mentale in modo differibile/alla dimissione; se riferita a un periodo compreso tra una settimana e un anno prima, indica la necessità di una valutazione da parte di uno specialista e di monitorare la sicurezza del paziente; se riferita all’ultima settimana, indica la necessità di effettuare una consulenza specialistica urgente e di monitorare la sicurezza del paziente.
Nella versione estesa (FULL) del questionario, vengono esplorati altri quattro costrutti articolati in relative sottoscale, ottenendo un punteggio totale da 2 a 25:
- gravità dell’ideazione suicidaria su una scala ordinale a 5 punti (desiderio di essere morto, pensieri suicidari attivi non specifici, pensieri suicidi con metodi, intento suicidario, intento suicidario con piano);
- intensità dell’ideazione suicidaria in termini di frequenza, durata, controllabilità, deterrenti e motivo dell’ideazione su una scala ordinale a 5 punti;
- la presenza di comportamenti suicidari negli ultimi tre mesi su una scala nominale comprensiva di tentativi effettivi, interrotti, falliti, comportamento preparatorio, comportamento autolesionistico non suicidario;
- letalità effettiva (su una scala ordinale a 6 punti) e letalità potenziale (su una scala ordinale a 3 punti) del comportamento suicidario.
CONCLUSIONI
Il suicidio è un problema di salute pubblica grave e sottostimato rispetto al quale tutti siamo chiamati ad una maggiore attenzione così come i sistemi sanitari a mettere in atto politiche di riconoscimento e prevenzione più efficaci. Predire con affidabilità l’eventualità di un suicidio o prevenirlo in modo assoluto non è nelle nostre potenzialità di clinici. Tuttavia il professionista può raccogliere informazioni preziose che vadano a delineare il rischio suicidario attuale del paziente tramite il colloquio clinico combinato con l’uso di strumenti psicometrici strutturati, versatili e affidabili come la C-SSRS. Questa fase preliminare di valutazione del rischio è indispensabile per definire la gestione clinica degli interventi di cura e di follow up e quindi rendere possibile una maggiore prevenzione del fenomeno.