La dottoressa Elisabetta Innocenti, neuropsichiatra infantile, del reparto di psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza del Meyer: “L’uso di tablet e smartphone sempre più in crescita nella tenera età, serve consapevolezza”
Un recente studio pubblicato dall’Ocse – intitolato “Come va la vita dei bambini nell’età digitale” – ha rivelato che il 17% dei più piccoli dichiara di sentirsi nervoso o ansioso quando viene privato delle sue apparecchiature digitali, come i tablet, gli smartphone o altri schermi. Una forma di dipendenza crescente che contiene numerose sfaccettature problematiche, come spiega la dottoressa Elisabetta Innocenti, neuropsichiatra infantile, del reparto di psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza del Meyer.
Dottoressa, quanto è in crescita oggi, nella sua esperienza, lo stress che nei bambini è causato dall’allontanamento dagli schermi, come quelli degli smartphone o dei tablet?
Nella nostra esperienza clinica vediamo crescere sempre di più l’utilizzo di devices (cellulari, tablet con prevalente utilizzo di app come Instagram, Tiktok e affini) sempre più in tenera età: è esperienza comune vedere in un ristorante un bambino al tavolo con i genitori che, anzichè avere foglio e matite o giochi per gestire i tempi di attesa, viene posto davanti a un tablet o a un cellulare a “vedere cartoni”. In effetti lo strumento digitale è estremamente potente nel produrre quella “gratificazione personalizzata” che genera sul momento piacere e tranquillità, ma anche a lungo andare dipendenza. Nella nostra esperienza assistiamo ad un utilizzo patologico dei sistemi digitali con disagio emergente prevalentemente in epoca adolescenziale .
Questo disagio può assumere varie forme: quali sono le più ricorrenti?
Senza demonizzare gli strumenti digitali il loro utilizzo “patologico” fa parte di un circolo vizioso che in individui fragili ancora in fase evolutiva o con vulnerabilità psicosociali, può contribuire all’insorgenza o al peggioramento di sintomi ansioso depressivi e all’isolamento sociale. La rete dei social media è inoltre intrisa di potenziali pericoli per esposizione di ragazzi sempre più giovani a sollecitazioni continue di “falsi modelli” improntati al perfezionismo su vari ambiti della propria vita (estetica, forme corporee, status sociale) con incremento di ansia sociale senso di inadeguatezza o anche perdita del senso della realtà, con normalizzazione di comportamenti a rischio (violenza sessualità ecc). Tali meccanismi determinano, in una sorta di circolo vizioso, una crescente ansia nel confrontarsi con il mondo reale con “rifugio” nei social e rinforzo di strategie di evitamento sociale. Inoltre, ormai esistono ricerche che indicano nel cyberbullismo un fenomeno in aumento con effetti negativi sulla salute mentale non solo in adolescenti ma ormai anche in età infantile.
Tra le dipendenze digitali, in Toscana, l’ordine degli psicologi registra anche preoccupanti dati legati all’abuso di internet e dei videogame.
Si, come dicevo ormai l’uso del cellulare non è svincolato dall’utilizzo della rete, così come dei videogame: anche in quest’ultimo caso il videogame può diventare un rifugio gratificante rispetto alla paura di affrontare il mondo reale laddove vi sia anche una insicurezza di base nelle proprie capacità. E’ molto più gratificante giocare per esempio a “calcio virtuale”, dove si possono fare cose che nella vita reale richiedono fatica, tolleranza della frustrazione, fiducia nelle proprie capacità. Inoltre, ormai è diffuso l’uso di videogame improntati alla violenza con esaltazione della forza fisica e del potere e con conseguente esaltazione “gratificante ” con possibile perdita del senso di realtà e normalizzazione di certi comportamenti. Nel gioco si può morire o dare la morte senza nessuna conseguenza, per cui anche la morte diventa un gioco in soggetti vulnerabili o ancora immaturi. Senza contare siti e app illegali che in taluni casi rappresentano vere e proprie istigazioni alla malattia mentale e comportamenti a rischio (I siti che incentivano a condotte anoressiche o siti o chat in cui vengono promossi comportamenti autolesivi o suicidari). Naturalmente stiamo parlando di abuso, anche perchè l’uso degli strumenti digitali è ormai diffuso e possiamo solo tentare di aiutare i bambini e i ragazzi a farne un uso consapevole, potenziandone un utilizzo “sano”
La piaga del cyberbullismo è intergenerazionale, ma trova terreno fertile tra i più piccoli. Qual è la situazione, dal suo punto di vista?
Il bullismo è un fenomeno che esiste da sempre spesso con caratteristiche intergenerazionali e con dinamiche di gruppo complesse, che si innescano spesso in assenza di figure adulte in grado di intercettarne i primi segnali di rischio e di intervenire: alla base, il bullo presenta una sua fragilità correlata a molteplici fattori di rischio (psicosociali, familiari, individuali). Detto questo, il cyberbullismo ha amplificato il fenomeno rendendolo ancor più devastante per la vittima, attraverso l’amplificazione nella rete dell’aggressione con i vissuti di umiliazione e denigrazione che ne derivano. Alcuni modelli culturali e sociali che possono essere respirati fina da piccoli dai bambini in un contesto familiare o sociale e senza un ambiente educativo protettivo, rappresentano il catalizzatore di questo fenomeno. E’ di questi giorni la notizia di come, per una significativa percentuale di adolescenti, sia considerato “normale” in una relazione sentimentale controllare il partner e porre dei divieti fino ad una desensibilizzazione rispetto alla gravità di certi comportamenti effettuati dal “branco”.
Crede che sia possibile agire per una svolta in termini di cultura e consapevolezza? Come?
Credo che la strada percorribile sia quella della prevenzione: sistemi di divulgazione, lavoro di counseling con i genitori, con una vera e propria educazione delle generazioni dei genitori, assolutamente impreparati e talora con un gap di competenze digitali nei confronti dei loro figli “nativi digitali” che spesso fa sì che non abbiano nemmeno capacità di gestire e controllare un uso adeguato di questi strumenti. Ma non è solo l’informazione: serve privilegiare modelli culturali improntati alla solidarietà, al potenziamento delle interazioni sociali, al dialogo in famiglia e alla costruzione di un sistema scolastico maggiormente in grado di intercettare le situazioni a rischio, promuovendo un uso sano e positivo degli strumenti digitali. Penso ad esempio al gap che spesso esiste tra alunni e insegnanti su questo e alle enormi potenzialità che gli strumenti digitali offrono per rendere l’apprendimento la cultura e la conoscenza stimolanti e motivanti, con la finalità non tanto di fornire nozioni ma di “educare i ragazzi” all’acquisizione di capacità di problem solving e di social skills
Pensa che sia possibile addivenire a normative che tutelino effettivamente i bambini?
Sicuramente serve un limite protettivo rispetto alle età di accesso a certi strumenti digitali, come un rafforzamento dei sistemi di controllo della rete e una maggiore responsabilizzazione di genitori. Credo possa essere utile per arginare il fenomeno. Ma credo che le normative restrittive, da sole, non siano sufficienti.