di Andrea Vannucci – già direttore dell’Agenzia Regionale di Sanità della Toscana
Con l’insediamento della nuova Giunta regionale e la nomina dell’Assessora alla Sanità e al Welfare Monni si apre un passaggio importante per il sistema sanitario toscano. La scelta di unire Sanità e Welfare sotto un’unica responsabilità politica è un gesto che vale più di molte parole: un segnale culturale prima ancora che organizzativo. È doveroso iniziare con un augurio sincero e un auspicio di buon lavoro. In una recente intervista al Corriere Fiorentino, l’Assessora ha indicato come priorità le cure di prossimità e le Case della Comunità, viste come risposta strutturale agli accessi impropri ai Pronto Soccorso. È una visione giusta, che parla al futuro, ma che chiede coraggio e realismo.
Ottimismo della volontà, pessimismo della ragione
Viviamo un tempo che merita quella postura intellettuale che Gramsci indicava con lucidità: ottimismo della volontà e pessimismo della ragione. Il contesto è complesso: una transizione demografica che aumenta cronicità e fragilità sociali, il definanziamento progressivo della sanità pubblica (dal 6,8% del PIL nel 2014 al 6% nel 2025, con prospettiva 5,6% nel 2030), i ritardi del PNRR e una pressione economica europea che riduce le risorse per welfare e coesione. Cresce la quota di cittadini che, anche in Toscana, ricorre a mezzi propri per visite e diagnostica perché teme tempi d’attesa incerti. La Toscana resta tra le regioni migliori per qualità dei risultati, ma sta perdendo terreno. Dire che tutto va bene è pericoloso; dire che tutto è perduto è irresponsabile. Occorre un realismo operoso.
La prossimità non si fa con mattoni e inaugurazioni
Le Case della Comunità sono strumenti importanti, ma non basta costruirle. Le mura non curano, le inaugurazioni non generano prossimità. La prossimità si realizza quando dentro le mura ci sono professionisti motivati, processi organizzativi snelli, integrazione tra sanitario e sociale, comunità attive e tecnologie utili. E qui incontriamo nodi veri: il ruolo dei professionisti.
Medici e infermieri al centro del cambiamento
La centralità del Medico di Medicina Generale è condivisa, ma senza una missione comune, strumenti adeguati, presenza organizzata sul territorio, interoperabilità informatica e lavoro realmente multiprofessionale sarà impossibile costruire équipe territoriali forti. Ancora più evidente è la sfida infermieristica: in Italia abbiamo 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, contro gli 8,4 della media europea. Mancano professionisti, prospettive e riconoscimento economico. Gli infermieri di famiglia e comunità potrebbero essere il cuore dell’assistenza domiciliare e della presa in carico cronica, ma senza numeri e ruolo rimangono un titolo su carta.
La comunità come risorsa
La prossimità non è solo un’organizzazione di servizi: è un’infrastruttura umana. Le relazioni curano. L’esperienza di Frome, nel Somerset (UK), dove il lavoro sulla comunità e sui cosiddetti community connectors ha ridotto i ricoveri del 17%, mostra che attivare la comunità conviene. In Italia esistono iniziative simili, spesso nel Terzo Settore, ma restano isolate, senza vera governance pubblico-comunitaria.
L’innovazione e la frontiera dell’Intelligenza Artificiale
Innovazione non significa riempire documenti di parole digitali: significa cambiare mentalità. L’intelligenza artificiale può migliorare diagnosi, personalizzare percorsi, ridurre errori e liberare tempo clinico, ma può anche orientare decisioni verso logiche economiche opache. La domanda non è se usarla, ma chi la governerà e con quali obiettivi.
La vera riforma: ricostruire fiducia
La sfida più grande per la nuova Giunta non è tecnica: è sociale ed emotiva. È riconquistare fiducia. Senza fiducia nessuna Casa della Comunità funziona davvero, anche se perfettamente costruita. La fiducia nasce da risposte concrete e tempestive, da professionisti ascoltati e valorizzati, da comunità riconosciute come parte attiva e non beneficiarie passive.
Tre priorità essenziali
Cure di prossimità e comunità proattive, con reale coinvolgimento del Terzo Settore e dei cittadini; uso responsabile e trasparente dell’IA nella salute; valorizzazione delle professioni sanitarie, a partire dagli infermieri. La Toscana può ancora essere laboratorio nazionale di innovazione umanistica e tecnologica.
La strada è stretta, ma è percorribile. E non si percorre da soli.