Di Piercarlo Ballo, S.C. Cardiologia, Ospedale Santa Maria Annunziata, Firenze
L’esposizione a temperature subottimali rappresenta un importante determinante ambientale di morbilità e mortalità cardiovascolare. Numerosi studi hanno infatti confermato che il freddo può agire come fattore scatenante di eventi cardiovascolari acuti, soprattutto nei soggetti con malattie cardiache note.
Fisiopatologia.
Lo stress indotto da basse temperature provoca una complessa risposta integrata autonomica, endocrina e vascolare, finalizzata a preservare la temperatura corporea centrale. Si attivano i centri termoregolatori ipotalamici, con aumento del tono simpatico, delle concentrazioni di noradrenalina e cortisolo e della sintesi di ormoni tiroidei, essenziali per la termogenesi del tessuto adiposo bruno. L’attivazione neuro-ormonale determina vasocostrizione periferica, modulata anche da specie reattive dell’ossigeno. Condizioni come ipertensione o anemia possono alterare questo meccanismo.
La vasocostrizione aumenta resistenze vascolari sistemiche, postcarico e pressione arteriosa. Il freddo induce inoltre modificazioni emoreologiche e coagulative, tra cui aumento della viscosità, dell’ematocrito e del fibrinogeno, attivazione piastrinica e alterazioni della deformabilità eritrocitaria. Sono state descritte anche disfunzione endoteliale con ridotta biodisponibilità di ossido nitrico e una risposta infiammatoria sistemica. L’insieme di questi meccanismi crea uno stato protrombotico che, in ultima analisi, aumenta il rischio cardiovascolare.
Epidemiologia.
Una riduzione di 1°C si associa a un incremento della mortalità e morbilità cardiovascolare. Nel Multi-Country Multi-City Collaborative Network, un progetto internazionale finalizzato a studiare l’associazione tra stress ambientale, clima e salute, una quota significativa dei decessi è risultata attribuibile alle basse temperature. Il registro SWEDEHEART conferma l’aumento del rischio di infarto con esposizione acuta al freddo. Anche la variabilità della temperatura è associata a un incremento di eventi cardiovascolari, mentre l’inquinamento atmosferico può potenziarne gli effetti prognostici.
Eterogeneità geografica e variabilità interindividuale.
L’impatto dell’esposizione al freddo sulla sfera cardiovascolare non è uniforme tra aree geografiche diverse. Differenze nei fattori climatici locali, nella qualità delle abitazioni, nelle possibilità di adeguato riscaldamento e nell’accesso all’assistenza sanitaria influenzano tale effetto. L’associazione tra freddo e patologie cardiovascolari è influenzata anche dalle caratteristiche del paziente: età avanzata, comorbidità, fragilità e fattori socioeconomici modulano gli effetti prognostici delle temperature non ottimali, con impatto più evidente nella popolazione anziana, con malattie cardiovascolari o sistemiche preesistenti e negli strati sociali più disagiati.
Prospettive future ed implicazioni cliniche.
A livello globale, una quota rilevante dei decessi è attribuibile a temperature non ottimali, con predominanza delle basse temperature. Secondo il Global Burden of Disease, le temperature non ottimali rappresentano oggi un rilevante fattore di rischio cardiovascolare. Il cambiamento climatico potrebbe ridurre in futuro la mortalità correlata al freddo, ma in misura minore rispetto all’aumento previsto della mortalità legata al caldo. In ogni caso, l’esposizione al freddo rimarrà un importante fattore di rischio cardiovascolare.
È quindi consigliabile educare i pazienti anziani o con patologie cardiovascolari a proteggersi dal freddo, evitando sforzi all’aperto nelle ore più fredde e monitorando più spesso la pressione arteriosa in inverno. L’esposizione al freddo è un fattore di rischio modificabile e accorgimenti pratici nella gestione dei pazienti, insieme ad appropriate politiche di salute pubblica, possono ridurne l’impatto clinico.