Le ondate di calore non sono più un evento eccezionale. I dati lo confermano: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, dal 2000 al 2019 i decessi attribuibili al caldo sono aumentati del 68% a livello globale. In Italia, l’Istituto Superiore di Sanità segnala che i decessi riconducibili al caldo estivo, in alcune annate, superano quelli causati da epidemie influenzali invernali. Durante l’estate 2022, sono stati stimati oltre 18.000 decessi in eccesso in Europa per cause legate al caldo (Ballester et al., Nature Medicine, 2023).
Anche l’impatto sul sistema sanitario è evidente: aumenti fino al 30% degli accessi in pronto soccorso nelle giornate più calde, soprattutto tra anziani, persone fragili e con comorbidità. L’adattamento climatico è dunque una questione sanitaria prioritaria, che chiama in causa la governance, l’urbanistica, le politiche sociali e le comunità.
Dall’emergenza alla prevenzione integrata
Il Ministero della Salute ha attivato da anni un sistema di allerta caldo, ma la risposta rimane prevalentemente emergenziale. Oggi occorre una strategia sistemica che:
- sia proattiva,
- valorizzi la prossimità territoriale,
- si basi su alleanze locali,
- utilizzi strumenti di health literacy e e-health per informare e proteggere le persone più vulnerabili.
Occorre un salto di scala e di paradigma: dal bollettino meteo alla trasformazione delle politiche pubbliche. In questo quadro, le Aziende Sanitarie Locali e i Comuni, in particolare attraverso i quartieri delle città, possono co-governare un sistema di interventi ad alto impatto.
Le azioni necessarie: un’agenda condivisa
- Individuazione dei soggetti a rischio (anziani soli, pazienti cronici, persone con disagio abitativo) mediante l’uso di dati amministrativi e clinici (FSE, anagrafi comunali, ADI, Reddito di Cittadinanza, ecc.).
- Contatto preventivo e monitoraggio attivo, anche tramite associazioni di volontariato, centri sociali e farmacie di comunità.
- Attivazione rapida di servizi domiciliari leggeri (idratazione, ventilazione, monitoraggio), anche attraverso micro-finanziamenti ai caregiver e ai soggetti del terzo settore.
- Rafforzamento dell’educazione sanitaria, soprattutto digitale, su come comportarsi in caso di alte temperature: campagne semplici, localizzate e con linguaggi accessibili.
- Interventi strutturali sugli ambienti abitativi, a partire dagli alloggi popolari e dai quartieri più colpiti dalla “povertà energetica”.
E l’efficientamento energetico?
La Direttiva europea sulla prestazione energetica degli edifici (EPBD) impone che entro il 2030 gli immobili residenziali rientrino almeno nella classe energetica E. In Italia, oltre il 60% del patrimonio abitativo è in classi F e G (ENEA, 2024). Le ristrutturazioni non possono essere viste solo come azioni climatiche, ma come azioni di sanità pubblica. Le case malsane, prive di isolamento e di ventilazione, espongono i fragili a rischi mortali durante le ondate di calore.
È possibile ipotizzare che una quota residua del PNRR o dei futuri Fondi di Sviluppo e Coesione venga dedicata, in accordo tra Ministero della Salute, Regioni e Comuni, alla messa in sicurezza climatica e sanitaria delle abitazioni fragili. Questa proposta si inserisce nella logica di “One Health” e di “giustizia climatica”.
Un modello possibile: distretti urbani di resilienza sanitaria
I quartieri delle città possono diventare laboratori di co-progettazione, dove le strutture sanitarie territoriali (Case di Comunità, infermieri di famiglia, MMG), i servizi sociali, i volontari e i cittadini costruiscono micro-piani estivi adattati al contesto. Alcuni elementi:
- mappa delle vulnerabilità climatiche e sociali,
- identificazione di centri di refrigerio comunitari (biblioteche, centri anziani, farmacie, parrocchie),
- attivazione di reti solidali di sorveglianza di vicinato,
- uso intelligente del Fascicolo Sanitario Elettronico per inviare notifiche personalizzate.
Conclusione: una questione di equità e lungimiranza
La salute pubblica del futuro si giocherà anche nella capacità di governare le conseguenze sanitarie del cambiamento climatico. Investire oggi in adattamento e resilienza non è solo un atto di responsabilità etica, ma un modo intelligente per evitare costi sanitari maggiori domani. Le ondate di calore colpiscono tutti, ma non in modo uguale: la prevenzione efficace è quella che riconosce e agisce su questa disuguaglianza. Per farlo servono strategie interistituzionali, risorse dedicate, alleanze tra sanitario e sociale. Ma anche un nuovo sguardo culturale: il caldo estremo non è solo un tema meteorologico, è ormai parte integrante della sfida sanitaria del nostro tempo.