Stefano Gitto, Professore Associato di Medicina Interna, membro del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università degli Studi di Firenze. Attività clinica c/o la SOD Medicina Interna ed Epatologia della AOU Careggi di Firenze. Membro del Comitato Coordinatore dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (A.I.S.F.).
Hannah Stephens, SOD Medicina interna ed Epatologia
Valentino Patussi, SOD di Alcologia, AOU Careggi e Centro Alcologico Regionale Toscano
Parole chiave:
Alimenti ultra-processati, fruttosio, conservanti, steatosi epatica, microbiota intestinale
Abstract
Il consumo di alimenti ultra-processati, ricchi di fruttosio e conservanti, altera il microbiota intestinale e la barriera intestinale, promuovendo infiammazione cronica, obesità e malattia epatica steatosica metabolica. Una dieta ricca di fibre e mediterranea può contrastare questi effetti, offrendo strategie nutrizionali per migliorare la salute epatica e metabolica.
Il cibo ha sempre avuto un ruolo centrale nella storia umana, evolvendosi insieme alle grandi rivoluzioni, agricola, industriale e scientifica. Dall’uso del fuoco alla cucina domestica, l’uomo ha sviluppato tecniche per rendere gli alimenti più digeribili e a lunga conservazione. Con Pasteur e altri scienziati nacquero pastorizzazione e sterilizzazione, aprendo la strada all’industria alimentare moderna.
Durante la Rivoluzione Industriale la produzione si spostò dalle case alle fabbriche, cambiando stili di vita e abitudini alimentari. Nel XX secolo la ricerca introdusse emulsioni, additivi, packaging e tecnologie come refrigerazione e congelamento, rendendo il cibo, in ultima analisi, più accessibile. Oggi, nonostante le problematiche geopolitiche e sociali, l’industria alimentare ha contribuito a rendere l’alimentazione un diritto, non più un privilegio.
Tra le conseguenze dell’industrializzazione del processo alimentare vi è la crescente diffusione di alimenti ultra-processati, come definiti dalla classificazione NOVA. Questi prodotti caratterizzati dall’essere ricchi di zuccheri, grassi, sale e additivi, ma poveri di fibre e nutrienti, sono associati a insulino-resistenza, obesità e malattie cardiovascolari.
Il consumo di alimenti ultra-processati appare essere in aumento su scala globale a causa dell’ampia disponibilità e dei costi relativamente bassi. La loro assunzione appare particolarmente rilevante nelle fasce socioeconomicamente svantaggiate dei paesi a basso-medio reddito, dove l’accesso ai nutrienti è limitato.
La steatosi epatica associata a disfunzione metabolica è una condizione patologica in costante aumento negli ultimi anni specialmente nei Paesi sviluppati ed è favorita da un’alimentazione ricca di fruttosio, additivi e conservanti, rappresentando una criticità primaria per la salute pubblica.
RISCHIO CARDIOVASCOLARE E ONCOLOGICO
Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di decesso su scala globale e gli stili di vita, di cui fanno parte le abitudini alimentari, ne sono un noto fattore di rischio.
Lo studio “NutriNet-Santé”, condotto su oltre 100.000 persone, ha evidenziato un aumento del 12% del rischio cardiovascolare per ogni incremento del 10% nel consumo di alimenti ultra-processati. Risultati analoghi sono stati osservati nello studio “Framingham Offspring”, dove ogni porzione giornaliera aggiuntiva ha incrementato tale rischio del 7%. Inoltre, una meta-analisi su più di un milione di individui seguiti per oltre 12 anni, ha confermato una relazione dose-dipendente tra l’assunzione di questi prodotti e gli eventi cardiovascolari.
Tali effetti cardiovascolari sono mediati da diversi meccanismi, tra cui dislipidemia, infiammazione cronica e stress ossidativo, aggravati da grassi trans, dolcificanti e additivi come il glutammato monosodico.
Questi alimenti sono inoltre correlati all’obesità, che colpisce circa 600 milioni di adulti nel mondo. Una meta-analisi ha rilevato che ogni 10% di incremento nell’apporto calorico derivante da tali prodotti è connesso a un aumento del 7% del rischio di sovrappeso e del 6% di obesità.
L’obesità promuove l’insulino-resistenza, l’infiammazione sistemica e gli squilibri ormonali, aumentando il rischio di diversi tipi di tumore, tra cui colon, rene, prostata, mammella ed endometrio.
Secondo l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, l’eccesso di adiposità è coinvolto nello sviluppo di almeno 13 tumori maligni e studi genetici confermano il nesso causale tra obesità e varie neoplasie.
EFFETTI SUL MICROBIOTA INTESTINALE E SULL’ASSE INTESTINO-FEGATO
Il microbiota intestinale è un ecosistema complesso formato da batteri, archei, virus, funghi e protozoi, il cui equilibrio garantisce funzioni essenziali per l’organismo.
Un microbiota in eubiosi contribuisce al metabolismo, all’integrità della barriera intestinale e alla modulazione del sistema immunitario. È inoltre coinvolto nella fermentazione dei carboidrati complessi, con produzione di acidi grassi a catena corta, importanti per nutrire i colonociti, mantenere l’integrità della barriera intestinale, regolare l’appetito, la sensibilità insulinica e il metabolismo lipidico.
La barriera intestinale agisce da filtro; se compromessa aumenta la permeabilità e il passaggio di endotossine e antigeni nella circolazione sistemica, favorendo l’infiammazione cronica.
Numerosi studi mostrano come il consumo regolare di prodotti ultra-processati alteri la composizione del microbiota, favorendo ceppi pro-infiammatori, riducendo la diversità microbica e la produzione di acidi grassi a catena corta. Uno studio clinico spagnolo ha inoltre osservato che più di 5 porzioni al giorno riducono significativamente la diversità microbica.
Dolcificanti come il sucralosio e l’aspartam, a dosi elevate danneggiano la barriera intestinale causando apoptosi dei colonociti, mentre a dosi minori ne aumentano la permeabilità.
Analogamente, conservanti come nitrati, nitriti, sorbati e benzoati alterano la composizione del microbiota, riducono i batteri benefici e aumentano la permeabilità intestinale, aggravando così l’infiammazione sistemica e compromettendo l’asse intestino-fegato.
In particolare, il sorbato di potassio, l’acido benzoico e il nitrato di sodio modificano il microbiota e aumentano la permeabilità della barriera epiteliale, alterando le “tight junctions”. L’esposizione congiunta a fruttosio e conservanti mostra effetti sinergici dannosi sul fegato e sul metabolismo lipidico, peggiorando la funzione della barriera intestinale.
Al contrario, una dieta ricca di fibra alimentare ha effetti positivi sul microbiota. La fibra agisce come prebiotico, stimolando la crescita di batteri benefici E rafforzando la barriera intestinale. Un maggiore apporto di fibra è associato a una riduzione del rischio di obesità, diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e malattie epatiche.
STEATOSI EPATICA
La malattia epatica steatosica associata a disfunzione metabolica interessa circa il 24% della popolazione globale, con prevalenze più alte in Sud America e Medio Oriente. L’incidenza è in costante aumento non solo tra gli adulti, ma anche in età pediatrica, in parallelo con l’epidemia globale di obesità.
Questa condizione comprende uno spettro patologico che va dalla semplice steatosi alla steatoepatite, con possibili evoluzioni in fibrosi, cirrosi ed epatocarcinoma. È inoltre un noto fattore di rischio per malattie cardiovascolari, diabete mellito di tipo 2 e patologie renali.
La sua patogenesi è multifattoriale: concorrono fattori genetici, immunologici, metabolici e ambientali, con un ruolo crescente attribuito a questi ultimi. Tra i fattori emergenti, la disbiosi intestinale e la disfunzione dell’asse intestino-fegato svolgono un ruolo chiave nell’innesco dell’infiammazione cronica e nel danno epatico.
La dieta occidentale, caratterizzata da un elevato contenuto di prodotti ultra-processati, fruttosio e conservanti, promuove insulino-resistenza e obesità, alterando la secrezione di organochine e influenzando negativamente il metabolismo epatico.
Metaboliti del microbiota come gli acidi grassi a catena corta e acidi biliari svolgono un ruolo chiave nella regolazione della lipogenesi epatica E un loro squilibrio è stato direttamente associato alla patogenesi della malattia.
In particolare, il fruttosio è associato a disbiosi e steatosi. Uno studio condotto in Repubblica Ceca ha evidenziato come il consumo di fruttosio sia associato a un aumento dei livelli plasmatici di alanina- aminotransferasi, trigliceridi e colesterolo. Inoltre, la combinazione tra fruttosio e conservanti come il sorbato di potassio, molto usato nell’industria alimentare, potenzia ulteriormente il danno epatico e altera il microbiota.
Al contrario, un adeguato apporto di fibra alimentare promuove la produzione di acidi grassi a catena corta con effetti antinfiammatori e rafforza la barriera intestinale. La dieta mediterranea è attualmente considerata la più indicata per la gestione della steatosi epatica, avendo dimostrato benefici sia sul peso corporeo che su numerosi parametri metabolici.
CONCLUSIONI
Gli alimenti ultra-processati rappresentano un fattore di rischio per la salute. Una dieta ricca di tali alimenti, fruttosio e conservanti sembra alterare profondamente il microbiota intestinale, peggiorando la variabilità microbica e riducendo l’integrità della barriera intestinale, con conseguente tendenza all’infiammazione cronica sistemica.
Numerose evidenze scientifiche dimostrano correlazioni tra il consumo di alimenti ultra-processati e l’aumento del rischio cardiovascolare e di obesità. Particolarmente preoccupante è la malattia epatica steatosica associata a disfunzione metabolica, la cui incidenza nella popolazione globale è in crescita e la cui patogenesi è favorita da un’alimentazione non corretta. Recenti evidenze mostrano che conservanti come sorbati e benzoati amplifichino il danno epatico del fruttosio e alterino il microbiota intestinale. Anche dolcificanti artificiali e coloranti hanno potenziali effetti nocivi, potendo danneggiare rispettivamente la barriera intestinale e l’equilibrio microbico.
Al fine di attuare un’efficace prevenzione primaria e secondaria ed un effettivo approccio terapeutico a numerose condizioni patologiche occorre favorire la diffusione di un modello di dieta pienamente salutare. In tal senso uno stile di vita mediterraneo (è più di una dieta) associato ad un incremento dell’attività fisica, rappresenta l’approccio ideale.
In particolare l’esercizio fisico ha mostrato efficacia clinica in più contesti patologici. Sarebbero utili interventi di salute pubblica integrati che includano educazione alimentare, etichettatura sempre più trasparente degli alimenti e regolamentazione degli additivi. L’integrazione di questi approcci rappresenta la strategia più promettente per mitigare l’impatto sanitario degli alimenti ultra-processati sulla popolazione.