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3 Agosto 2025

Encefalite del tronco encefalico di Bickerstaff: il caso di una giovane paziente e la testimonianza dei suoi genitori

Daniele Barbasso, medico in formazione specialistica in Neuropsichiatria infantile, UNIFI;

Luca Bartolini,  Neurologo ed epilettologo pediatrico, AOU Meyer IRCCS, con il contributo di Tiziana e Alessandro, genitori di M.

Introduzione della Redazione

Il contributo di Daniele Barbasso e Luca Bartolini, al di là dell’innegabile interesse scientifico, presenta un importante valore aggiunto in quanto riporta anche il racconto dei genitori di M., la piccola paziente involontaria protagonista dell’articolo. Si tratta di una testimonianza importante che fotografa la situazione dal punto di vista personalissimo di un padre e di una madre che all’improvviso si sono dovuti confrontare con il peso enorme di una situazione clinica altamente compromessa e, almeno all’inizio, dall’esito incerto. Non era per niente scontato che dei genitori acconsentissero a condividere con i lettori di una rivista destinata essenzialmente ai medici il proprio carico di angosce, ansia e dubbi lungo il percorso di diagnosi e cura che ha coinvolto M., oggi fortunatamente indirizzato verso una conclusione attesa e sperata. Per questo il nostro grande ringraziamento proprio a tutti i protagonisti di questa vicenda medica ed umana.

L’encefalite di Bickerstaff è una rara patologia immunologica che coinvolge il sistema nervoso centrale, in particolare il tronco cerebrale, i nervi cranici e i nervi periferici, caratterizzata da esordio acuto rapidamente progressivo di oftalmoplegia, atassia ed alterazione dello stato di coscienza. L’evoluzione può portare a grave debolezza muscolare, talora paralisi completa, dolore neuropatico severo e necessità di ventilazione meccanica fino al 20% dei pazienti. Il decorso è solitamente monofasico, con buon recupero funzionale nella maggior parte dei pazienti che hanno ricevuto terapia adeguata e tempestiva.

Frequentemente preceduta da un’infezione virale, questo particolare sottotipo di encefalite viene considerata come una rara variante della sindrome di Guillain-Barré (polineuropatia acuta infiammatoria demielinizzante) e della sua sottovariante sindrome di Miller-Fisher. In letteratura viene riportata positività nel siero ad anticorpi IgG anti-GQ1b fino al 70% dei casi descritti.

La terapia immunomodulante consiste in corticosteroidi ad alte dosi, immunoglobuline endovena e plasmaferesi, spesso in combinazione. La prognosi nella maggior parte dei casi è buona, con recupero funzionale e capacità di camminare in modo autonomo un anno dopo l’esordio nel 90% circa dei pazienti.

La storia clinica di M., bambina precedentemente sana di 7 anni, rappresenta una testimonianza importante e commovente del vissuto personale e della famiglia durante i giorni di ricovero all’AOU Meyer IRCCS per un’encefalite di Bickerstaff prontamente riconosciuta ed efficacemente trattata.
Il quadro clinico è esordito in seguito ad un episodio di infezione febbrile delle vie aeree, a seguito del quale è comparsa una cefalea frontale con associata nausea e successivi tre episodi di vomito a breve distanza dal pasto. Nelle ore successive è inoltre comparsa diplopia, per cui i genitori hanno deciso di portare la figlia presso il Pronto Soccorso del nostro Ospedale.

Ad una prima valutazione oculistica è stata riscontrata un deficit della motilità oculare estrinseca per cui si rendeva necessaria l’esecuzione di una TAC encefalo urgente, risultata nella norma. Durante l’osservazione in Osservazione Breve Intensiva, M. ha poi iniziato a presentare un peggioramento clinico con comparsa di eloquio impastato, malessere generale e profonda astenia con marcia impossibilitata per intenso dolore agli arti inferiori; dopo poche ore, la bambina ha iniziato a manifestare sopore ed esaurimento dell’autonomia respiratoria, con necessità di trasferimento in Terapia Intensiva.
E’ stata eseguita in urgenza una Risonanza Magnetica dell’encefalo con mezzo di contrasto, risultata negativa. L’elettroencefalogramma ha evidenziato un rallentamento aspecifico dell’attività di fondo e la rachicentesi ha rivelato un profilo chimico-fisico nella norma e, successivamente, anche i risultati delle indagini infettivologiche sono apparsi negativi. Per il progredire dell’insufficienza respiratoria, è stato necessario procedere con l’intubazione e ventilazione meccanica. Sulla base della anamnesi, dell’esame obiettivo e della esclusione di diagnosi differenziali a seguito delle indagini strumentali, è stato posto il sospetto diagnostico di encefalite di Bickerstaff e iniziata terapia immunomodulante con steroidi ad alte dosi e immunoglobuline a meno di 24 ore dalla valutazione neurologica. L’elettromiografia con velocità di conduzione nervosa a circa 48 ore ha evidenziato un quadro di poliradiculopatia severa. Nei giorni successivi sono stati intrapresi inoltre due cicli di plasmaferesi. Dopo circa una settimana dall’inizio del ricovero per persistenza della necessità di ventilazione meccanica è stato deciso di effettuare il confezionamento di una tracheostomia. Lo stato di coscienza è gradualmente migliorato, fino a raggiungere la normalità.
Due settimane circa dopo l’esordio, la bambina ha gradualmente ripreso a muovere dapprima i muscoli facciali e oro-buccali e progressivamente ha iniziato un lento recupero della sensibilità e della motilità in maniera cranio-caudale, con persistenza di lieve oftalmoplegia. A tre settimane circa dall’esordio ha poi anche ripreso lentamente ad alimentarsi ed idratarsi per bocca, sospendendo così la nutrizione enterale.
Con la risoluzione del quadro acuto, M. è stata quindi trasferita presso la Struttura riabilitativa IRCCS Don Gnocchi, con progressivo miglioramento del quadro neurologico e del quadro motorio, che ha permesso circa tre mesi dopo l’esordio del quadro clinico, di rimuovere la cannula della tracheostomia e camminare con supporto.

Il racconto dei suoi genitori

L’esperienza che abbiamo vissuto è stata senza dubbio la più spaventosa della nostra vita. Tutto ci ha fatto preoccupare tanto fin dall’inizio. Un mal di testa forte che non passa con nessun medicinale, la progressiva perdita di capacità di camminare e deglutire, gli sguardi sempre più preoccupati dei medici in ospedale, il trasferimento in terapia intensiva. Esperienze mai provate, nemmeno mai sentite raccontare. Nell’incertezza più grande e nel vero terrore di perdere nostra figlia, abbiamo dovuto scegliere di affidarci completamente alle cure di persone fino a pochi minuti prima a noi sconosciute. Abbiamo cercato la forza nel restare uniti, nei nostri valori e nell’atteggiamento competente e molto umano dei medici e degli operatori che ci hanno assistito.

La competenza è senz’altro un fattore rassicurante che però di fronte a una situazione di estremo disagio non basta: sentirsi accolti nella propria vulnerabilità è un fattore chiave in queste situazioni. Il bambino non è un singolo paziente, fa parte di un gruppo di persone, la famiglia, che partecipa visceralmente alle sue vicende. Mentre il bambino viene trattato con le cure più appropriate, l’attesa della famiglia deve essere gestita, perché il concetto più generale di “cura” prende vita e si rafforza in un gioco di squadra tra competenze mediche, infermieristiche, e competenze e capacità genitoriali. Nelle situazioni gravi, prescindere da questo gioco di squadra rende la situazione ancora più difficile per tutti.

Per questo abbiamo apprezzato tantissimo l’impegno di tutti i medici, della psicologa e degli infermieri e operatori sanitari, che hanno voluto tenerci informati su tutto e allo stesso tempo ci hanno sostenuto e guidato con parole e azioni che ci hanno sicuramente confortato ma anche aiutato ad essere a nostra volta d’aiuto, nonostante la disperazione.

Nei giorni in cui la bambina era sedata, ci hanno consentito e anzi consigliato di restare ogni giorno qualche ora in presenza della bambina, parlandole. Nostra figlia dormiva, ma poteva sentirci: infatti quando si è svegliata ci ha rimproverato scherzosamente di averle letto narrativa da adulti anziché i suoi libri da bambina. Le parlavamo pur non essendo sicuri che ci sentisse e ci ha testimoniato che quando le dicevamo “non so se puoi sentirmi…” lei avrebbe voluto dirci di sì, ma non poteva per l’effetto della sedazione e l’estrema debolezza muscolare.

Nel nostro mese di terapia intensiva, tutto quello che riguarda la sfera emotiva del bambino e della famiglia è stato tenuto in grande considerazione e questo ha aiutato anche la bambina nel suo recupero dal momento in cui si è svegliata. I forti dolori neuropatici e la sua grande frustrazione di non potersi muovere richiedevano la presenza e la partecipazione attiva di noi genitori: ancora una volta alle prese con un’esperienza nuova, il supporto di tutti gli operatori è stata una risorsa preziosissima. Dopo quasi 3 mesi di ricovero presso il Don Gnocchi, nostra figlia ha recuperato la quasi totalità delle sue funzioni motorie. Ora, finalmente a casa, continuiamo la riabilitazione ambulatoriale, fiduciosi di tornare al più presto al 100% e, un passo alla volta, di recuperare le energie e la serenità.

luca.bartolini@meyer.it

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Encefalite del tronco encefalico di Bickerstaff: il caso di una giovane paziente e la testimonianza dei suoi genitori

Daniele Barbasso
Luca Bartolini

3 Agosto 2025

Daniele Barbasso, medico in formazione specialistica in Neuropsichiatria infantile, UNIFI;

Luca Bartolini,  Neurologo ed epilettologo pediatrico, AOU Meyer IRCCS, con il contributo di Tiziana e Alessandro, genitori di M.

Introduzione della Redazione

Il contributo di Daniele Barbasso e Luca Bartolini, al di là dell’innegabile interesse scientifico, presenta un importante valore aggiunto in quanto riporta anche il racconto dei genitori di M., la piccola paziente involontaria protagonista dell’articolo. Si tratta di una testimonianza importante che fotografa la situazione dal punto di vista personalissimo di un padre e di una madre che all’improvviso si sono dovuti confrontare con il peso enorme di una situazione clinica altamente compromessa e, almeno all’inizio, dall’esito incerto. Non era per niente scontato che dei genitori acconsentissero a condividere con i lettori di una rivista destinata essenzialmente ai medici il proprio carico di angosce, ansia e dubbi lungo il percorso di diagnosi e cura che ha coinvolto M., oggi fortunatamente indirizzato verso una conclusione attesa e sperata. Per questo il nostro grande ringraziamento proprio a tutti i protagonisti di questa vicenda medica ed umana.

L’encefalite di Bickerstaff è una rara patologia immunologica che coinvolge il sistema nervoso centrale, in particolare il tronco cerebrale, i nervi cranici e i nervi periferici, caratterizzata da esordio acuto rapidamente progressivo di oftalmoplegia, atassia ed alterazione dello stato di coscienza. L’evoluzione può portare a grave debolezza muscolare, talora paralisi completa, dolore neuropatico severo e necessità di ventilazione meccanica fino al 20% dei pazienti. Il decorso è solitamente monofasico, con buon recupero funzionale nella maggior parte dei pazienti che hanno ricevuto terapia adeguata e tempestiva.

Frequentemente preceduta da un’infezione virale, questo particolare sottotipo di encefalite viene considerata come una rara variante della sindrome di Guillain-Barré (polineuropatia acuta infiammatoria demielinizzante) e della sua sottovariante sindrome di Miller-Fisher. In letteratura viene riportata positività nel siero ad anticorpi IgG anti-GQ1b fino al 70% dei casi descritti.

La terapia immunomodulante consiste in corticosteroidi ad alte dosi, immunoglobuline endovena e plasmaferesi, spesso in combinazione. La prognosi nella maggior parte dei casi è buona, con recupero funzionale e capacità di camminare in modo autonomo un anno dopo l’esordio nel 90% circa dei pazienti.

La storia clinica di M., bambina precedentemente sana di 7 anni, rappresenta una testimonianza importante e commovente del vissuto personale e della famiglia durante i giorni di ricovero all’AOU Meyer IRCCS per un’encefalite di Bickerstaff prontamente riconosciuta ed efficacemente trattata.
Il quadro clinico è esordito in seguito ad un episodio di infezione febbrile delle vie aeree, a seguito del quale è comparsa una cefalea frontale con associata nausea e successivi tre episodi di vomito a breve distanza dal pasto. Nelle ore successive è inoltre comparsa diplopia, per cui i genitori hanno deciso di portare la figlia presso il Pronto Soccorso del nostro Ospedale.

Ad una prima valutazione oculistica è stata riscontrata un deficit della motilità oculare estrinseca per cui si rendeva necessaria l’esecuzione di una TAC encefalo urgente, risultata nella norma. Durante l’osservazione in Osservazione Breve Intensiva, M. ha poi iniziato a presentare un peggioramento clinico con comparsa di eloquio impastato, malessere generale e profonda astenia con marcia impossibilitata per intenso dolore agli arti inferiori; dopo poche ore, la bambina ha iniziato a manifestare sopore ed esaurimento dell'autonomia respiratoria, con necessità di trasferimento in Terapia Intensiva.
E’ stata eseguita in urgenza una Risonanza Magnetica dell’encefalo con mezzo di contrasto, risultata negativa. L’elettroencefalogramma ha evidenziato un rallentamento aspecifico dell’attività di fondo e la rachicentesi ha rivelato un profilo chimico-fisico nella norma e, successivamente, anche i risultati delle indagini infettivologiche sono apparsi negativi. Per il progredire dell’insufficienza respiratoria, è stato necessario procedere con l’intubazione e ventilazione meccanica. Sulla base della anamnesi, dell’esame obiettivo e della esclusione di diagnosi differenziali a seguito delle indagini strumentali, è stato posto il sospetto diagnostico di encefalite di Bickerstaff e iniziata terapia immunomodulante con steroidi ad alte dosi e immunoglobuline a meno di 24 ore dalla valutazione neurologica. L’elettromiografia con velocità di conduzione nervosa a circa 48 ore ha evidenziato un quadro di poliradiculopatia severa. Nei giorni successivi sono stati intrapresi inoltre due cicli di plasmaferesi. Dopo circa una settimana dall’inizio del ricovero per persistenza della necessità di ventilazione meccanica è stato deciso di effettuare il confezionamento di una tracheostomia. Lo stato di coscienza è gradualmente migliorato, fino a raggiungere la normalità.
Due settimane circa dopo l’esordio, la bambina ha gradualmente ripreso a muovere dapprima i muscoli facciali e oro-buccali e progressivamente ha iniziato un lento recupero della sensibilità e della motilità in maniera cranio-caudale, con persistenza di lieve oftalmoplegia. A tre settimane circa dall’esordio ha poi anche ripreso lentamente ad alimentarsi ed idratarsi per bocca, sospendendo così la nutrizione enterale.
Con la risoluzione del quadro acuto, M. è stata quindi trasferita presso la Struttura riabilitativa IRCCS Don Gnocchi, con progressivo miglioramento del quadro neurologico e del quadro motorio, che ha permesso circa tre mesi dopo l’esordio del quadro clinico, di rimuovere la cannula della tracheostomia e camminare con supporto.

Il racconto dei suoi genitori

L’esperienza che abbiamo vissuto è stata senza dubbio la più spaventosa della nostra vita. Tutto ci ha fatto preoccupare tanto fin dall’inizio. Un mal di testa forte che non passa con nessun medicinale, la progressiva perdita di capacità di camminare e deglutire, gli sguardi sempre più preoccupati dei medici in ospedale, il trasferimento in terapia intensiva. Esperienze mai provate, nemmeno mai sentite raccontare. Nell’incertezza più grande e nel vero terrore di perdere nostra figlia, abbiamo dovuto scegliere di affidarci completamente alle cure di persone fino a pochi minuti prima a noi sconosciute. Abbiamo cercato la forza nel restare uniti, nei nostri valori e nell’atteggiamento competente e molto umano dei medici e degli operatori che ci hanno assistito.

La competenza è senz’altro un fattore rassicurante che però di fronte a una situazione di estremo disagio non basta: sentirsi accolti nella propria vulnerabilità è un fattore chiave in queste situazioni. Il bambino non è un singolo paziente, fa parte di un gruppo di persone, la famiglia, che partecipa visceralmente alle sue vicende. Mentre il bambino viene trattato con le cure più appropriate, l’attesa della famiglia deve essere gestita, perché il concetto più generale di “cura” prende vita e si rafforza in un gioco di squadra tra competenze mediche, infermieristiche, e competenze e capacità genitoriali. Nelle situazioni gravi, prescindere da questo gioco di squadra rende la situazione ancora più difficile per tutti.

Per questo abbiamo apprezzato tantissimo l’impegno di tutti i medici, della psicologa e degli infermieri e operatori sanitari, che hanno voluto tenerci informati su tutto e allo stesso tempo ci hanno sostenuto e guidato con parole e azioni che ci hanno sicuramente confortato ma anche aiutato ad essere a nostra volta d’aiuto, nonostante la disperazione.

Nei giorni in cui la bambina era sedata, ci hanno consentito e anzi consigliato di restare ogni giorno qualche ora in presenza della bambina, parlandole. Nostra figlia dormiva, ma poteva sentirci: infatti quando si è svegliata ci ha rimproverato scherzosamente di averle letto narrativa da adulti anziché i suoi libri da bambina. Le parlavamo pur non essendo sicuri che ci sentisse e ci ha testimoniato che quando le dicevamo “non so se puoi sentirmi…” lei avrebbe voluto dirci di sì, ma non poteva per l’effetto della sedazione e l’estrema debolezza muscolare.

Nel nostro mese di terapia intensiva, tutto quello che riguarda la sfera emotiva del bambino e della famiglia è stato tenuto in grande considerazione e questo ha aiutato anche la bambina nel suo recupero dal momento in cui si è svegliata. I forti dolori neuropatici e la sua grande frustrazione di non potersi muovere richiedevano la presenza e la partecipazione attiva di noi genitori: ancora una volta alle prese con un’esperienza nuova, il supporto di tutti gli operatori è stata una risorsa preziosissima. Dopo quasi 3 mesi di ricovero presso il Don Gnocchi, nostra figlia ha recuperato la quasi totalità delle sue funzioni motorie. Ora, finalmente a casa, continuiamo la riabilitazione ambulatoriale, fiduciosi di tornare al più presto al 100% e, un passo alla volta, di recuperare le energie e la serenità.

luca.bartolini@meyer.it

Di Redazione Toscana Medica

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Daniele Barbasso

Luca Bartolini

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Toscana Medica Mensile di informazione e dibattito per i Medici toscani a cura dell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Firenze

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