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11 Dicembre 2025

Infezioni sessualmente trasmesse (IST): i problemi e le incertezze dei giovani

Luigi Pisano, Dirigente medico in Dermatologia e venereologia, Centro MTS S.C. Dermatologia, Ospedale Piero Palagi Firenze

Maria Antonia Pata, specialista dermatologo ambulatoriale in quiescenza da Centro MTS – Firenze, Ospedale Palagi

I giovani sono la popolazione particolarmente colpita dalle infezioni sessualmente trasmissibili (IST) per una serie articolata di motivi, e differenze significative tra maschi e femmine. Questo target spesso non trova, oltre al mondo dei social, alternative ed utili occasioni di confronto, scambio di esperienze e informazioni attendibili.  Fuorvianti e talora pericolose, le informazioni che trovano in rete contribuiscono a veicolare contenuti disturbanti, pornografici e artefatti comunque lontani dalla vita reale.

Il nostro obiettivo è di ottenere diagnosi precoci delle IST e di allestire campagne di prevenzione sul campione. Gli adolescenti, che vivono sempre più precocemente il loro primo rapporto sessuale, sono il nostro interlocutore preferenziale per l’impatto sulla salute riproduttiva, nonché sociale, delle IST.

Il numero delle infezioni sessualmente trasmissibili in Italia continua a crescere in modo preoccupante. A confermarlo è il rapporto pubblicato a luglio 2025 dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), che raccoglie i dati aggiornati al 31 dicembre 2023 attraverso la rete nazionale di sorveglianza sentinella delle IST, a cui partecipa anche il centro MTS della Clinica Dermatologica di Firenze.

Secondo il report, nel biennio 2021-2023 si è registrato un aumento del 16,1% delle segnalazioni di IST. Tra queste, a preoccupare maggiormente è la gonorrea, i cui casi sono quintuplicati dal 2010, raggiungendo un picco nel 2023. In soli due anni, l’incremento è stato dell’83,2%, con un’incidenza particolarmente elevata tra gli uomini che fanno sesso con uomini (MSM).

Un aspetto di particolare allarme è la crescente antibiotico-resistenza della gonorrea. Neisseria gonorrhoeae, l’agente responsabile dell’infezione, ha sviluppato nel tempo resistenza a quasi tutte le classi di antibiotici utilizzate in passato come farmaci di prima linea, tra cui penicilline, tetracicline e fluorochinoloni. Negli ultimi anni si osservano ceppi resistenti anche ai macrolidi e alle cefalosporine di terza generazione, che rimangono il principale caposaldo della terapia antibiotica della gonorrea. Questo fenomeno rende il trattamento più complesso e richiede un monitoraggio costante dei profili di sensibilità antibiotica. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) considera la gonorrea resistente agli antibiotici una minaccia prioritaria di salute pubblica, perché il rischio di infezioni intrattabili è in aumento.

Non possiamo ignorare il fatto che le infezioni urogenitali acute vengano spesso trattate empiricamente, in particolare nei reparti di pronto soccorso e negli ambulatori medicina generale, con l’uso di antibiotici non specifici e/o a dosaggi inappropriati, senza effettuare prima test molecolari e/o colturali mirati all’identificazione del patogeno responsabile.

Per contrastare l’antibiotico-resistenza, è fondamentale eseguire test diagnostici prima di iniziare qualsiasi trattamento e promuovere un uso responsabile degli antibiotici. I medici devono diventare veri e propri “custodi” di questi farmaci, evitando prescrizioni inutili e sensibilizzando pazienti e colleghi sull’uso corretto di questa risorsa medica sempre più scarsa.

Anche la sifilide, dopo un calo osservato tra il 2016 e il 2020, ha ricominciato a diffondersi: tra il 2021 e il 2023 si è verificato un incremento del 25,5% nei casi di sifilide primaria e secondaria. 

Un andamento simile si osserva per la clamidia (Chlamydia trachomatis), i cui casi sono quadruplicati dal 2008, con un aumento del 21,4% solo nel biennio più recente. Colpisce soprattutto i più giovani: tra i 15 e i 24 anni, l’infezione è tre volte più frequente rispetto agli over 25. Non dimentichiamo che l’infezione da clamidia, se non diagnosticata e trattata tempestivamente, può avere sequele permanenti e gravi, come l’infertilità, sia negli uomini che nelle donne. 

Un caso a parte è rappresentato dall’infezione da Papillomavirus umano (HPV), che resta la più diffusa a livello globale. In Italia, dopo un forte aumento dei casi di condilomi ano-genitali tra il 2000 e il 2016 (quasi triplicati), si osserva oggi una tendenza inversa: tra il 2021 e il 2023, i casi sono diminuiti del 21,4%, un risultato attribuito con buona probabilità all’estensione delle campagne vaccinali anti-HPV, rivolte sia a ragazze che a ragazzi.

Un ulteriore elemento da sottolineare è il legame tra HIV e altre IST. Nel 2023, tra le 4.102 persone con una IST testate per HIV, il 12,6% è risultato positivo. Una prevalenza circa quaranta volte superiore rispetto a quella stimata nella popolazione generale. Questo dato ribadisce quanto le IST rappresentino un campanello d’allarme anche per l’infezione da HIV.

In Europa, circa un quinto delle persone con HIV non è consapevole della propria condizione. Questo 20% non diagnosticato è responsabile di circa la metà delle nuove infezioni. La mancata consapevolezza della sieropositività porta a diagnosi tardive e a un avvio ritardato delle terapie, con conseguenze gravi: peggioramento della salute, maggiori costi sanitari e maggiore diffusione del virus. 

In Italia, nel 2022, il 60% delle nuove diagnosi di HIV è avvenuto in fase avanzata, quando la conta dei linfociti T CD4+ era già inferiore a 350 cellule/μl. I casi più frequenti di diagnosi tardiva riguardano persone eterosessuali, in età avanzata e con bassa percezione del rischio. L’assenza di consapevolezza porta a non effettuare i test e aumenta il rischio di progressione della malattia.

La buona notizia è che oggi esistono strumenti scientificamente efficaci per prevenire la trasmissione di HIV e altre IST.

Innanzitutto, oggi sappiamo che le persone HIV-positive, che sono stabilmente in terapia antiretrovirale e che raggiungono una carica virale non rilevabile (undetectable), non trasmettono il virus ai partners sessuali (untransmittable). Questo concetto è alla base della moderna strategia di “Treatment as Prevention” (TasP), per cui una diagnosi precoce di infezione da HIV consente l’avvio tempestivo della terapia, migliora la qualità di vita al paziente e soprattutto riduce a zero la trasmissibilità del virus nei confronti di altre persone.

È quindi fondamentale rendere l’offerta del test HIV ad accesso diretto, gratuito, anonimo e disponibile anche al di fuori dell’ambiente ospedaliero, ad esempio nei consultori e attraverso campagne itineranti. Può fare la differenza offrire semplificazione a categorie a rischio non consapevoli.

Alla luce di ciò, risulta fondamentale che i medici – sia di medicina generale che specialisti – siano formati a riconoscere i cosiddetti indicatori clinici dell’infezione da HIV: febbre persistente di origine sconosciuta, linfoadenopatia generalizzata, calo ponderale inspiegato, herpes zoster ricorrente, leucopenia, trombocitopenia, candidosi orale, infezioni ricorrenti del tratto respiratorio o gastrointestinale. In presenza di tali quadri clinici, il test HIV andrebbe proposto di routine, anche in assenza di comportamenti a rischio dichiarati.

Oggi abbiamo a disposizione altri due strumenti in grado di prevenire efficacemente l’acquisizione del virus HIV, che sono la profilassi post-esposizione (PEP) e la profilassi pre-esposizione (PrEP).

La PEP è una terapia d’urgenza che si assume entro 72 ore da un contatto a rischio con il virus HIV, sia in contesti occupazionali che non occupazionali. 

La PrEP invece consiste nell’assunzione di un farmaco antiretrovirale da parte di soggetti che sono ancora HIV-negativi ma ad alto rischio di contrarre il virus a causa dei loro comportamenti (rapporti sessuali a rischio, uso di sostanze per via iniettiva). Esistono due modalità di assunzione: giornaliera o on demand. Se assunta correttamente, secondo i protocolli stabiliti, offre fino al 99% di protezione nei confronti del virus HIV. Fino al 2023 il farmaco per la PrEP, tenofovir disoproxil – emtricitabina, era in classe C; da aprile 2023 AIFA ha autorizzato la rimborsabilità del farmaco (classe H). Questo progresso normativo rappresenta un passo fondamentale per promuovere un accesso equo alla PrEP, quale strategia efficace di prevenzione dell’HIV.

Tutti questi strumenti, insieme all’uso del profilattico, alla diagnosi precoce e a una maggiore educazione sessuale, sono essenziali per contenere l’aumento delle infezioni e per garantire una sessualità più sicura e consapevole.

Oggi disponiamo di strumenti efficaci per prevenire, diagnosticare e curare. Occorre la volontà condivisa tra politica, servizio sanitario e sociale per contrastare le IST che sono in aumento soprattutto tra i giovani.

luigi.pisano@uslcentro.toscana.it

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Infezioni sessualmente trasmesse (IST): i problemi e le incertezze dei giovani

Luigi Pisano
Maria Antonia Pata

11 Dicembre 2025

Luigi Pisano, Dirigente medico in Dermatologia e venereologia, Centro MTS S.C. Dermatologia, Ospedale Piero Palagi Firenze

Maria Antonia Pata, specialista dermatologo ambulatoriale in quiescenza da Centro MTS – Firenze, Ospedale Palagi

I giovani sono la popolazione particolarmente colpita dalle infezioni sessualmente trasmissibili (IST) per una serie articolata di motivi, e differenze significative tra maschi e femmine. Questo target spesso non trova, oltre al mondo dei social, alternative ed utili occasioni di confronto, scambio di esperienze e informazioni attendibili.  Fuorvianti e talora pericolose, le informazioni che trovano in rete contribuiscono a veicolare contenuti disturbanti, pornografici e artefatti comunque lontani dalla vita reale.

Il nostro obiettivo è di ottenere diagnosi precoci delle IST e di allestire campagne di prevenzione sul campione. Gli adolescenti, che vivono sempre più precocemente il loro primo rapporto sessuale, sono il nostro interlocutore preferenziale per l’impatto sulla salute riproduttiva, nonché sociale, delle IST.

Il numero delle infezioni sessualmente trasmissibili in Italia continua a crescere in modo preoccupante. A confermarlo è il rapporto pubblicato a luglio 2025 dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), che raccoglie i dati aggiornati al 31 dicembre 2023 attraverso la rete nazionale di sorveglianza sentinella delle IST, a cui partecipa anche il centro MTS della Clinica Dermatologica di Firenze.

Secondo il report, nel biennio 2021-2023 si è registrato un aumento del 16,1% delle segnalazioni di IST. Tra queste, a preoccupare maggiormente è la gonorrea, i cui casi sono quintuplicati dal 2010, raggiungendo un picco nel 2023. In soli due anni, l’incremento è stato dell’83,2%, con un’incidenza particolarmente elevata tra gli uomini che fanno sesso con uomini (MSM).

Un aspetto di particolare allarme è la crescente antibiotico-resistenza della gonorrea. Neisseria gonorrhoeae, l’agente responsabile dell’infezione, ha sviluppato nel tempo resistenza a quasi tutte le classi di antibiotici utilizzate in passato come farmaci di prima linea, tra cui penicilline, tetracicline e fluorochinoloni. Negli ultimi anni si osservano ceppi resistenti anche ai macrolidi e alle cefalosporine di terza generazione, che rimangono il principale caposaldo della terapia antibiotica della gonorrea. Questo fenomeno rende il trattamento più complesso e richiede un monitoraggio costante dei profili di sensibilità antibiotica. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) considera la gonorrea resistente agli antibiotici una minaccia prioritaria di salute pubblica, perché il rischio di infezioni intrattabili è in aumento.

Non possiamo ignorare il fatto che le infezioni urogenitali acute vengano spesso trattate empiricamente, in particolare nei reparti di pronto soccorso e negli ambulatori medicina generale, con l’uso di antibiotici non specifici e/o a dosaggi inappropriati, senza effettuare prima test molecolari e/o colturali mirati all’identificazione del patogeno responsabile.

Per contrastare l’antibiotico-resistenza, è fondamentale eseguire test diagnostici prima di iniziare qualsiasi trattamento e promuovere un uso responsabile degli antibiotici. I medici devono diventare veri e propri "custodi" di questi farmaci, evitando prescrizioni inutili e sensibilizzando pazienti e colleghi sull’uso corretto di questa risorsa medica sempre più scarsa.

Anche la sifilide, dopo un calo osservato tra il 2016 e il 2020, ha ricominciato a diffondersi: tra il 2021 e il 2023 si è verificato un incremento del 25,5% nei casi di sifilide primaria e secondaria. 

Un andamento simile si osserva per la clamidia (Chlamydia trachomatis), i cui casi sono quadruplicati dal 2008, con un aumento del 21,4% solo nel biennio più recente. Colpisce soprattutto i più giovani: tra i 15 e i 24 anni, l’infezione è tre volte più frequente rispetto agli over 25. Non dimentichiamo che l’infezione da clamidia, se non diagnosticata e trattata tempestivamente, può avere sequele permanenti e gravi, come l’infertilità, sia negli uomini che nelle donne. 

Un caso a parte è rappresentato dall’infezione da Papillomavirus umano (HPV), che resta la più diffusa a livello globale. In Italia, dopo un forte aumento dei casi di condilomi ano-genitali tra il 2000 e il 2016 (quasi triplicati), si osserva oggi una tendenza inversa: tra il 2021 e il 2023, i casi sono diminuiti del 21,4%, un risultato attribuito con buona probabilità all’estensione delle campagne vaccinali anti-HPV, rivolte sia a ragazze che a ragazzi.

Un ulteriore elemento da sottolineare è il legame tra HIV e altre IST. Nel 2023, tra le 4.102 persone con una IST testate per HIV, il 12,6% è risultato positivo. Una prevalenza circa quaranta volte superiore rispetto a quella stimata nella popolazione generale. Questo dato ribadisce quanto le IST rappresentino un campanello d’allarme anche per l’infezione da HIV.

In Europa, circa un quinto delle persone con HIV non è consapevole della propria condizione. Questo 20% non diagnosticato è responsabile di circa la metà delle nuove infezioni. La mancata consapevolezza della sieropositività porta a diagnosi tardive e a un avvio ritardato delle terapie, con conseguenze gravi: peggioramento della salute, maggiori costi sanitari e maggiore diffusione del virus. 

In Italia, nel 2022, il 60% delle nuove diagnosi di HIV è avvenuto in fase avanzata, quando la conta dei linfociti T CD4+ era già inferiore a 350 cellule/μl. I casi più frequenti di diagnosi tardiva riguardano persone eterosessuali, in età avanzata e con bassa percezione del rischio. L’assenza di consapevolezza porta a non effettuare i test e aumenta il rischio di progressione della malattia.

La buona notizia è che oggi esistono strumenti scientificamente efficaci per prevenire la trasmissione di HIV e altre IST.

Innanzitutto, oggi sappiamo che le persone HIV-positive, che sono stabilmente in terapia antiretrovirale e che raggiungono una carica virale non rilevabile (undetectable), non trasmettono il virus ai partners sessuali (untransmittable). Questo concetto è alla base della moderna strategia di “Treatment as Prevention” (TasP), per cui una diagnosi precoce di infezione da HIV consente l’avvio tempestivo della terapia, migliora la qualità di vita al paziente e soprattutto riduce a zero la trasmissibilità del virus nei confronti di altre persone.

È quindi fondamentale rendere l’offerta del test HIV ad accesso diretto, gratuito, anonimo e disponibile anche al di fuori dell’ambiente ospedaliero, ad esempio nei consultori e attraverso campagne itineranti. Può fare la differenza offrire semplificazione a categorie a rischio non consapevoli.

Alla luce di ciò, risulta fondamentale che i medici – sia di medicina generale che specialisti – siano formati a riconoscere i cosiddetti indicatori clinici dell’infezione da HIV: febbre persistente di origine sconosciuta, linfoadenopatia generalizzata, calo ponderale inspiegato, herpes zoster ricorrente, leucopenia, trombocitopenia, candidosi orale, infezioni ricorrenti del tratto respiratorio o gastrointestinale. In presenza di tali quadri clinici, il test HIV andrebbe proposto di routine, anche in assenza di comportamenti a rischio dichiarati.

Oggi abbiamo a disposizione altri due strumenti in grado di prevenire efficacemente l’acquisizione del virus HIV, che sono la profilassi post-esposizione (PEP) e la profilassi pre-esposizione (PrEP).

La PEP è una terapia d’urgenza che si assume entro 72 ore da un contatto a rischio con il virus HIV, sia in contesti occupazionali che non occupazionali. 

La PrEP invece consiste nell’assunzione di un farmaco antiretrovirale da parte di soggetti che sono ancora HIV-negativi ma ad alto rischio di contrarre il virus a causa dei loro comportamenti (rapporti sessuali a rischio, uso di sostanze per via iniettiva). Esistono due modalità di assunzione: giornaliera o on demand. Se assunta correttamente, secondo i protocolli stabiliti, offre fino al 99% di protezione nei confronti del virus HIV. Fino al 2023 il farmaco per la PrEP, tenofovir disoproxil – emtricitabina, era in classe C; da aprile 2023 AIFA ha autorizzato la rimborsabilità del farmaco (classe H). Questo progresso normativo rappresenta un passo fondamentale per promuovere un accesso equo alla PrEP, quale strategia efficace di prevenzione dell’HIV.

Tutti questi strumenti, insieme all’uso del profilattico, alla diagnosi precoce e a una maggiore educazione sessuale, sono essenziali per contenere l’aumento delle infezioni e per garantire una sessualità più sicura e consapevole.

Oggi disponiamo di strumenti efficaci per prevenire, diagnosticare e curare. Occorre la volontà condivisa tra politica, servizio sanitario e sociale per contrastare le IST che sono in aumento soprattutto tra i giovani.

luigi.pisano@uslcentro.toscana.it

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Luigi Pisano

Dirigente medico in Dermatologia e venereologia, Centro MTS S.C. Dermatologia, Ospedale Piero Palagi Firenze

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