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28 Agosto 2025

Lo stress da rientro al lavoro colpisce un italiano su tre ed ha un nome: “Back to work blues”

La fotografia dell’ultimo report di Istat sul tema. La fine del periodo estivo ed il ritorno ai ritmi di vita lavorativi può generare stress fisico e psicologico. Ecco perché e come prevenirlo. 

Con il terminare delle vacanze molte persone si ritrovano ad affrontare un ritorno al lavoro tutt’altro che semplice. Lo chiamano “back to work blues” ed è una forma di stress psicofisico legata al cambio improvviso di abitudini tra la vita rilassata delle ferie e le esigenze quotidiane del lavoro: una condizione che, secondo l’ultimo report di Istat sulla materia, colpisce oggi 1 italiano su 3. 

Il passaggio repentino da giornate lente, dedicate al riposo, a ritmi serrati e carichi di responsabilità può provocare un vero scompenso, con effetti su umore, energia e motivazione. I sintomi sono spesso sottovalutati ma comuni: stanchezza persistente, difficoltà a dormire, nervosismo, calo della concentrazione, senso di frustrazione e tristezza generalizzata. Anche il corpo reagisce con segnali evidenti: tensioni muscolari, mal di testa, problemi digestivi, insonnia e inappetenza sono manifestazioni frequenti. 

La causa principale di questo disagio è lo sbalzo tra il ritmo vacanziero, in cui il tempo è vissuto in modo più libero e flessibile, e la rigidità delle giornate lavorative scandite da orari, urgenze e obiettivi. A influire negativamente c’è anche l’ansia da prestazione, la pressione di dover recuperare in tempi rapidi, l’accumulo di compiti lasciati in sospeso prima della partenza. In questo contesto, non è raro sentirsi sopraffatti fin dai primi giorni di rientro. La nostalgia per i momenti di libertà vissuti durante le ferie si somma alla percezione di non avere più tempo per sé, e la mente fatica a trovare una nuova stabilità. 

Questo stato di malessere, se non affrontato, può evolvere in forme più serie di stress cronico o burnout, soprattutto in persone già vulnerabili o che si trovano in situazioni di disagio personale o lavorativo. Generalmente i sintomi del back to work blues tendono a risolversi da soli nell’arco di una o due settimane. Tuttavia, è possibile agevolare questo passaggio con alcuni accorgimenti utili. Anticipare di qualche giorno il rientro dalle ferie permette al corpo e alla mente di adattarsi gradualmente. Riprendere il lavoro in modo progressivo, senza affrontare tutto immediatamente, aiuta a ridurre la pressione e a ristabilire un senso di controllo. Organizzare gli impegni secondo priorità, dedicare tempo al riposo, all’attività fisica e al sonno, curare l’alimentazione e mantenere piccoli spazi personali sono strategie efficaci per ritrovare equilibrio. Anche il supporto sociale, come condividere il proprio stato d’animo con colleghi o amici, può fare la differenza. 

È inoltre importante ricordare che lo stress da rientro non è un segno di debolezza, ma una risposta fisiologica e psicologica al cambiamento. Se però il malessere persiste oltre due settimane, compromette la qualità del sonno, dell’umore o della vita sociale, è opportuno rivolgersi a uno specialista per evitare che si cronicizzi. Tornare alla normalità richiede tempo, e riconoscere questo bisogno è il primo passo per vivere la transizione con maggiore consapevolezza e serenità.

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Lo stress da rientro al lavoro colpisce un italiano su tre ed ha un nome: “Back to work blues”

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La fotografia dell’ultimo report di Istat sul tema. La fine del periodo estivo ed il ritorno ai ritmi di vita lavorativi può generare stress fisico e psicologico. Ecco perché e come prevenirlo. 

Con il terminare delle vacanze molte persone si ritrovano ad affrontare un ritorno al lavoro tutt’altro che semplice. Lo chiamano “back to work blues” ed è una forma di stress psicofisico legata al cambio improvviso di abitudini tra la vita rilassata delle ferie e le esigenze quotidiane del lavoro: una condizione che, secondo l’ultimo report di Istat sulla materia, colpisce oggi 1 italiano su 3. 

Il passaggio repentino da giornate lente, dedicate al riposo, a ritmi serrati e carichi di responsabilità può provocare un vero scompenso, con effetti su umore, energia e motivazione. I sintomi sono spesso sottovalutati ma comuni: stanchezza persistente, difficoltà a dormire, nervosismo, calo della concentrazione, senso di frustrazione e tristezza generalizzata. Anche il corpo reagisce con segnali evidenti: tensioni muscolari, mal di testa, problemi digestivi, insonnia e inappetenza sono manifestazioni frequenti. 

La causa principale di questo disagio è lo sbalzo tra il ritmo vacanziero, in cui il tempo è vissuto in modo più libero e flessibile, e la rigidità delle giornate lavorative scandite da orari, urgenze e obiettivi. A influire negativamente c’è anche l’ansia da prestazione, la pressione di dover recuperare in tempi rapidi, l’accumulo di compiti lasciati in sospeso prima della partenza. In questo contesto, non è raro sentirsi sopraffatti fin dai primi giorni di rientro. La nostalgia per i momenti di libertà vissuti durante le ferie si somma alla percezione di non avere più tempo per sé, e la mente fatica a trovare una nuova stabilità. 

Questo stato di malessere, se non affrontato, può evolvere in forme più serie di stress cronico o burnout, soprattutto in persone già vulnerabili o che si trovano in situazioni di disagio personale o lavorativo. Generalmente i sintomi del back to work blues tendono a risolversi da soli nell’arco di una o due settimane. Tuttavia, è possibile agevolare questo passaggio con alcuni accorgimenti utili. Anticipare di qualche giorno il rientro dalle ferie permette al corpo e alla mente di adattarsi gradualmente. Riprendere il lavoro in modo progressivo, senza affrontare tutto immediatamente, aiuta a ridurre la pressione e a ristabilire un senso di controllo. Organizzare gli impegni secondo priorità, dedicare tempo al riposo, all’attività fisica e al sonno, curare l’alimentazione e mantenere piccoli spazi personali sono strategie efficaci per ritrovare equilibrio. Anche il supporto sociale, come condividere il proprio stato d’animo con colleghi o amici, può fare la differenza. 

È inoltre importante ricordare che lo stress da rientro non è un segno di debolezza, ma una risposta fisiologica e psicologica al cambiamento. Se però il malessere persiste oltre due settimane, compromette la qualità del sonno, dell’umore o della vita sociale, è opportuno rivolgersi a uno specialista per evitare che si cronicizzi. Tornare alla normalità richiede tempo, e riconoscere questo bisogno è il primo passo per vivere la transizione con maggiore consapevolezza e serenità.

Di Redazione Toscana Medica

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