Valdo Ricca
Professore Ordinario di Psichiatria, Università di Firenze
Direttore SODc Psichiatria, AOU Careggi
Per Salute Mentale si intende uno stato di benessere psichico nel quale l’individuo è in grado di sfruttare le sue capacità cognitive e emozionali, rispondere alle esigenze quotidiane della vita di ogni giorno, stabilire relazioni soddisfacenti con gli altri ed esercitare la propria funzione all’interno della società.
La Psichiatria è quella disciplina medica che si occupa della prevenzione, cura e riabilitazione dei pazienti che presentano un Disturbo Mentale (DM). Per DM si intende una sindrome che colpisce la sfera cognitiva, affettiva, comportamentale o relazionale di una persona, determinando una sofferenza psichica più o meno elevata e la compromissione del funzionamento affettivo, relazionale, lavorativo rispetto a quello abituale, preesistente l’insorgenza del DM stesso. In psichiatria non si usa il termine malattia, bensì quello di disturbo, in quanto malattia presuppone una conoscenza più o meno certa dei fattori eziologici e patogenetici che conducono alla condizione clinica. Le sindromi psichiatriche, come la maggior parte delle condizioni mediche, sono multifattoriali, e devono essere considerate come il risultato dell’interazione fra fattori biologici, psicologici e ambientali.
Epidemiologia e Disturbi Mentali
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la prevalenza lifetime dei DM nella popolazione è pari al 30% circa. La rilevanza della patologia mentale nella popolazione si esprime su vari livelli, e con implicazioni molteplici a seconda dei soggetti interessati. Innanzitutto, in presenza di una diagnosi psichiatrica, il/la paziente può presentare livelli variabili di sofferenza, che avranno caratteristiche diverse in funzione degli elementi psicopatologici che caratterizzano il quadro clinico, le risorse emotive e cognitive del soggetto, l’ambiente familiare in cui è nato e cresciuto, il suo livello culturale, la possibilità di accedere alle terapie più opportune e la disponibilità o meno ad accettare le cure e a aderire alle stesse per il tempo necessario.
La presenza di un quadro clinico, più o meno complesso, può comportare compromissioni diversificate del livello di funzionamento, con implicazioni scolastiche, lavorative, affettive e relazionali più o meno gravi e prolungate. Da questo punto di vista, è importante sottolineare come il costo economico, individuale e collettivo, di una patologia mentale sia considerato sovrapponibile a quello delle patologie cardiovascolari e superiore a quello attribuibile a patologie neoplastiche, metaboliche o respiratorie. La disabilità attribuibile ai DM è superiore a quella riconducibile a tutti i settori della medicina, così come la compromissione del funzionamento scolastico e lavorativo.
Ampi studi europei di popolazione sottolineano come i DM più rappresentati nella popolazione siano i disturbi d’ansia e i disturbi dell’umore, e nell’ambito di questi ultimi la depressione maggiore sia la patologia medica maggiormente responsabile dei livelli più alti di sofferenza e della più grave compromissione del funzionamento. Autorevoli studi scientifici condotti in ambito medico internistico hanno evidenziato come il rapporto tra DM e patologie internistiche sia di grande rilevanza clinica. Da un lato, molti disturbi psichici aumentano il rischio dell’insorgenza di patologie mediche. Ad esempio, l’incidenza e prevalenza delle patologie cardiovascolari in soggetti con disturbi d’ansia o dell’umore è significativamente superiore a quella riscontrata nei soggetti non affetti da DM. L’aspettativa di vita per un paziente bipolare o schizofrenico è significativamente inferiore a quella dei non affetti da tali disturbi. Dall’altro lato, il decorso di patologie metaboliche, cardiocircolatorie, autoimmuni, respiratorie, gastrointestinali risente in maniera assai significativa della presenza/assenza di un DM in comorbilità. In sintesi, la presenza di un disturbo dell’umore o ansioso cronico e non trattato, oppure trattato in modo inadeguato, aumenta significativamente il rischio di recidive per patologie cardiocircolatorie, infiammatorie croniche dell’apparato digerente e dell’apparato respiratorio, patologie autoimmuni, e più in generale tutte quelle condizioni cliniche che risentono in vario modo dell’alterazione dei meccanismi di risposta agli stressors (stress), con compromissione più o meno significativa stress correlata del sistema immunitario.
Nelle ultime decadi sono diventati sempre più manifesti due fenomeni di grande rilevanza clinica:
– la diffusione epidemica del consumo di sostanze di abuso
– l’aumentata incidenza e prevalenza dei DM nell’età infantile e adolescenziale da un lato, nei soggetti anziani con un’età > 75 anni dall’altra.
La diffusione epidemica delle sostanze di abuso sta coinvolgendo un numero sempre più ampio di soggetti, l’inizio dell’assunzione delle stesse risulta essere sempre più precoce e la varietà di stupefacenti disponibili sul mercato è un fenomeno in crescita costante, dato l’interesse economico e le capacità organizzative e tecniche dell’industria del narcotraffico. In sintesi, l’uso più o meno saltuario o abituale di sostanze di abuso è diventato un fenomeno che coinvolge milioni di persone, con una crescita molto rapida che non sembra essere al momento contrastata in alcun modo, avvenendo nel disinteresse politico e istituzionale. Tale fenomeno, particolarmente preoccupante in termini di salute pubblica e di criminalità organizzata, ha favorito un aumento del numero di soggetti affetti da un DM più o meno grave nella popolazione, dati i rapporti particolarmente evidenti tra uso di sostanze di abuso e insorgenza e cronicizzazione di quadri psichiatrici più o meno gravi. Ad esempio, è ampiamente dimostrato che l’assunzione più o meno regolare di deltatetraidrocannabinolo (principio contenuto nella cannabis) aumenti in modo particolarmente significativo il rischio di insorgenza di attacchi di panico, depressione, disturbo bipolare e disturbi dello spettro psicotico, in particolare della schizofrenia. Conseguentemente, la clinica dei disturbi mentali appare diversa e più complessa rispetto a pochi decenni fa, data la presenza in un numero sempre più rilevante di soggetti che utilizzano sostanze di abuso che, in misura variabile, possono determinare la presenza di sintomi cognitivi, emotivi e comportamentali particolarmente complessi e di difficile trattamento.
Altro fenomeno particolarmente rilevante, che riguarda un numero sempre più ampio di soggetti, è l’aumento della diffusione della patologia mentale tra i giovanissimi e negli anziani. Per quanto riguarda il primo fenomeno, il riscontro di un aumento significativo di quadri clinici più o meno gravi in soggetti in età infantile e della prima adolescenza è tale per cui alcune sindromi, in particolare quelle relative ai disturbi dell’umore e ai disturbi dell’alimentazione, risultano essere spesso di notevole gravità, insorgendo in soggetti inevitabilmente fragili e con risorse cognitive e emotive del tutto inadeguate per affrontare problemi clinici gravi che richiedono trattamenti spesso lunghi, complessi e una adeguata aderenza alle cure. È intuitivo, inoltre, l’impatto che tali fenomeni clinici possono produrre in famiglie inevitabilmente poco preparate a gestire la sofferenza di un minore che necessita di trattamenti che devono coinvolgere i familiari, e che spesso sconvolgono assetti relazionali più o meno stabili e adeguati a fronteggiare un evento così grave come la patologia mentale di un bambino o di un adolescente.
D’altra parte, sono di riscontro sempre più frequenti quadri psichiatrici più o meno complessi in individui anziani, spesso soli, che in molti casi soffrono di patologie mediche più o meno gravi, e che difficilmente sono in grado, una volta individuata una sindrome psichiatrica, di affrontare le cure con la motivazione e l’aderenza necessarie. Questo fenomeno viene spesso posto in rapporto con la disgregazione delle famiglie non più organizzate secondo modelli tradizionali, che conduce a condizioni di solitudine più o meno assoluta, e che favorisce vissuti di perdita, inutilità e mancanza di motivazioni esistenziali. I suicidi tra gli anziani soli o con poche risorse affettive, spesso messi in atto attraverso l’abbandono di cure indispensabili, si ritiene siano in aumento, così come i disturbi dell’umore di tipo depressivo.
Assistenza Psichiatrica Pubblica
L’assistenza psichiatrica pubblica in Italia prende forma e si organizza sulla base di un corpo legislativo riconducibile a due dimensioni, quella nazionale e quella regionale, in cui alle Regioni viene attribuito dallo Stato il compito di organizzare e gestire la salute dei cittadini. Le Regioni si sono dovute conformare ai principi stabiliti dalla legge 180/1978, conosciuta anche come legge Basaglia. I suoi elementi essenziali sono così sintetizzabili:
– La prevenzione, cura e riabilitazione delle patologie mentali devono avvenire nell’ambito di servizi territoriali di comunità. Essi devono essere dotati di strutture di cura articolate a seconda delle caratteristiche del paziente e delle sue condizioni cliniche, e prevedono sia strutture terapeutiche che riabilitative.
– Vengono chiusi gli ospedali psichiatrici, considerati essenzialmente come luoghi di segregazione e cronicizzazione, non di cura.
– Sono previsti, all’interno degli ospedali pubblici, reparti psichiatrici (Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura) per pazienti acuti, gravi, che possono essere ricoverati in regime volontario o coatto. Quest’ultima possibilità deve essere messa in atto quando il paziente non può essere curato in regime extraospedaliero in base a un criterio di severità clinica, che spesso si associa alla mancata consapevolezza da parte del paziente stesso di tale necessità. I ricoveri devono essere brevi, e finalizzati al rientro del paziente nella vita comunitaria.
La legge 180, a più di 40 anni dalla sua promulgazione, è stata variamente applicata in Italia, data la delega regionale di cui sopra, e non è stata più sottoposta a verifiche o modifiche sostanziali. Riconosciuta negli anni 80 e 90 del secolo scorso, sia a livello nazionale che spesso internazionale, come un segno di civiltà e di evoluzione di un paese all’interno di una organizzazione complessa come il Servizio Sanitario Nazionale, non è mai stata compiutamente applicata. Al tempo stesso il finanziamento pubblico destinato alla salute mentale in Italia è diminuito in modo progressivo e ingravescente, mentre la diffusione della sofferenza psichica e dei DM nel nostro paese è andata in direzione esattamente opposta, come precedentemente esposto.
Secondo le stime più recenti, l’Italia destina alla salute mentale il 3.5% della spesa sanitaria pubblica complessiva. Il confronto con Francia, Germania, Inghilterra, Spagna rivela che il nostro sistema sanitario pubblico spende per la salute mentale circa 1/3 di quanto viene speso dai più grandi paesi europei. Da questo punto di vista, devono essere sottolineate notevoli differenze regionali, con alcune regioni del nord che arrivano a destinare il 6% della spesa sanitaria complessiva, a fronte di alcune regioni meridionali che non arrivano al 2%. La Toscana ha una spesa per la salute mentale che è in media con il dato nazionale.
I posti letto disponibili nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura variano da 0.5 per 10.000 abitanti a 1 per 10.000 abitanti, a seconda delle regioni. Considerando che in Italia la quota complessiva destinata alla sanità pubblica risulta tra le più basse d’Europa, si arriva facilmente a comprendere come l’assistenza psichiatrica sia gravemente sottofinanziata, e quindi quello che il sistema pubblico è in grado di offrire ai cittadini che presentano una patologia psichiatrica è gravemente insufficiente, a partire dal numero di psichiatri, psicologi, terapisti della riabilitazione, educatori professionali, infermieri che lavorano nelle strutture pubbliche. La qualità del lavoro risente delle gravi carenze strutturali di un sistema che è sempre più in affanno e che, come altri in medicina, è sempre meno attrattivo per le nuove generazioni di professionisti. Lavorare in condizioni di carenza di personale, di strutture di ricovero e riabilitative, e di strumenti terapeutici complessivi necessari per curare adeguatamente chi ne ha bisogno, sia in termini di numero di pazienti che di qualità dei trattamenti, è diventata una condizione oramai cronica da molti anni, che compromette la motivazione e la disponibilità di professionisti che si trovano a dover gestire quadri clinici spesso molto gravi con risorse del tutto inadeguate. Tale situazione assistenziale, sempre più carente, è andata incontro negli ultimi dieci anni a un ulteriore peggioramento, riconducibile allo squilibrio tra risorse, sempre più ridotte, e richieste della popolazione in costante aumento.
La situazione attuale dell’assistenza psichiatrica pubblica, che ho cercato di descrivere sinteticamente, è il prodotto finale di molteplici fattori che hanno concorso a questo risultato. Tra questi, al primo posto deve essere indicato il grave disinteresse della politica per tutto quello che riguarda la sofferenza mentale e la cura dei pazienti psichiatrici. Per ragioni varie, la sofferenza psichica non è stata e non è tuttora considerata un tema rilevante di salute pubblica, quando i dati epidemiologici e le principali organizzazioni internazionali che si occupano di sanità indicano esattamente il contrario. I pazienti psichiatrici, più o meno esplicitamente, sono considerati meno importanti di quelli affetti da altre patologie mediche o chirurgiche, meno bisognosi di cure e strutture adeguate, meno rilevanti in tema di indicatori di funzionamento del sistema sanitario. In sintesi un problema minore, o addirittura fastidioso, nell’ambito della sanità pubblica. Tutto questo indica una conoscenza mediocre, colpevolmente superficiale della medicina e delle sue implicazioni assistenziali, economiche e sociali, nonché dei bisogni complessivi della popolazione. Non considerare importante la sofferenza mentale, e non attribuire le risorse minime necessarie alla cura di milioni di persone sofferenti, risulta al giorno d’oggi paradossale, oltre che inaccettabile da ogni punto di vista.
È auspicabile un significativo cambiamento di prospettiva, sia sul piano culturale che su quello economico, di cui purtroppo al momento non si vedono i segnali.
Per bibliografia: valdo.ricca@unifi.it