Stefano Lassi, Medico, Psichiatra e Psicoterapeuta, Pontificia Università Gregoriana, Fondazione Rete Pas, Firenze
Anna Sofia Paryla, Psicologa, Musicoterapeuta, Mindfulness Educator, Associazione Comusicando, Firenze
Abstract
Nella terapia del trauma la mindfulness rappresenta un supporto efficace nel processo di elaborazione dei vissuti dolorosi. La premessa necessaria riguarda la riacquisizione del senso di sicurezza tramite l’utilizzo mirato di musica in grado di regolare le risposte autonomiche nel paziente. Unire mindfulness e musicoterapia offre un effetto sinergico dei benefici di entrambe, nel trattare il trauma.
Parole chiave :
mindfulness, musicoterapia, trauma, teoria polivagale, senso di sicurezza
Cos’è il trauma in psicologia: con questo termine si fa riferimento alle conseguenze di un evento fortemente negativo e minaccioso per la vita, che genera una “frattura” emotiva nell’individuo e/o nella comunità che lo vive, tale da minare il senso di stabilità, di sicurezza, di identità e di continuità fisica e psichica della persona o delle persone che si sono trovate ad affrontarlo. |
Il bisogno di sentirsi al sicuro riveste un’importanza rilevante nella vita degli esseri umani e viene considerato un fattore determinante nel plasmare le traiettorie di sviluppo di una persona. Ed è infatti proprio il senso di sicurezza ad essere incrinato dal trauma, sul quale diventa utile e necessario intervenire (Porges, 2014). Il concetto di trauma può coincidere sia con l’esposizione del soggetto ad un avvenimento acuto, oppure con esperienze ripetitive di eventi avversi durante un periodo prolungato di tempo. Mentre nel primo è possibile assistere allo sviluppo di un disturbo post-traumatico da stress in caso di vulnerabilità pregressa, nel secondo il contesto traumatizzante è prevalentemente collocato all’interno di una dimensione intersoggettiva instaurata nelle prime fasi evolutive, determinando quello che viene chiamato trauma complesso, in grado di influenzare lo sviluppo di specifici assetti di personalità. La psicoterapia, da sola oppure in combinazione con la farmacoterapia, rappresenta il trattamento di prima scelta in caso di trauma. I diversi approcci si suddividono in interventi focalizzati sull’evento traumatico, come la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale, la ProlongedExposureTherapy oppure la tecnica Eye Movement Desensitizationand Reprocessing (EMDR), da una parte e gli interventi non focalizzati sull’evento traumatico, come la Present Centered Therapy o le Terapie basate sulla Mindfulness.
Cos’è la Mindfulness: Con questo termine s’intende il raggiungimento della consapevolezza di sé e della realtà nel momento presente e in maniera non giudicante. NON è una psicoterapia, ma si potrebbe considerare come una sorta di “strategia d’intervento” che, se necessario, può essere praticata a supporto delle metodiche terapeutiche tradizionali al fine di favorire il benessere psicologico ed emotivo del paziente. |
Il trauma risulta molto difficile da trattare a causa dei meccanismi difensivi e dissociativi, che interferiscono con l’elaborazione delle esperienze dolorose. L’utilizzo della pratica mindfulness in ambito clinico rappresenta una delle vie d’accesso verso l’integrazione delle dinamiche emotive implicite nel sistema psichico, evitando di dirigere il focus direttamente sull’evento traumatico. Come già detto, il presupposto indispensabile sul quale basare il lavoro terapeutico riguarda la ricostruzione del senso di sicurezza, l’ingaggio sociale e la riacquisizione delle capacità autoregolatorie interrotte dal trauma. La musica, grazie ai suoi effetti altamente integrativi sul cervello e il sistema nervoso autonomo, rappresenta uno strumento potente nel promuovere uno stato neurofisiologico ottimale in grado di ancorare il paziente al senso di sicurezza proteggendolo da emozioni travolgenti e supportando così il processo terapeutico. Integrare mindfulness e musicoterapia sembra delineare una strategia terapeutica nella quale i benefici di entrambe si potenziano all’interno di un processo sinergico.
La teoria polivagale di S.W. Porges (2014) fornisce una spiegazione neurofisiologica in grado di illustrare in quale modo la musica condizioni le risposte viscerali nel paziente. Lo stato autonomico di un soggetto rappresenta infatti una variabile interveniente in grado di influenzare il comportamento e di promuovere l’avvio di una relazione terapeutica favorevole. Lo stato fisiologico che supporta il senso di sicurezza, viene mediato dalla branca ventrale del nervo vago mentre la via dorsale media invece il sistema di difesa. Nel momento in cui le difese mobilizzanti simpatiche non si rivelino sufficienti a far fronte al trauma, viene reclutata la difesa dorso-vagale, rappresentata da bradicardia, apnea, immobilizzazione e dissociazione in risposta ad esperienze soverchianti. Nel momento in cui il freno viene rimosso e il tono vagale diminuisce, aumenta la frequenza spostando il sistema verso un’energia mobilizzante. La variabilità della frequenza cardiaca può essere quindi, considerata un biomarker di stress e benessere generale.
Uno degli stimoli più potenti, in grado di modulare lo stato fisiologico verso l’energia ventro-vagale di sicurezza, è rappresentato proprio dalla stimolazione acustica. Il complesso ventro-vagale collega determinate strutture della testa, come l’orecchio medio, i muscoli striati del volto e la laringe con il cuore e i bronchi. In questo modo, durante l’ascolto o la produzione musicale, lo stimolo sonoro innesca risposte a livello viscerale, influenzando la variabilità della frequenza cardiaca. In soggetti con un buon tono vagale, il timpano all’interno dell’orecchio medio si tende in modo tale da favorire il passaggio delle frequenze alte rispetto a quelle basse, consentendogli di estrapolare la voce umana dai rumori di sottofondo. Le vocalizzazioni così come la musica sono ricche di alte frequenze e caratterizzate da una vasta variabilità nella modulazione prosodica e melodica, rivelandosi fra gli stimoli più potenti nel disinnescare il sistema di difesa in cambio alla attivazione del senso di sicurezza e alla promozione del coinvolgimento sociale. Un probabile processo comune a molte diagnosi psichiatriche è rappresentato dall’ipersensibilità uditiva, determinata da uno scarso tono vagale sulla membrana timpanica che facilita il passaggio di basse frequenze in grado di innescare risposte difensive le quali si esprimono nei comportamenti sintomatici, interferendo così con il sistema di ingaggio sociale. Si intuisce l’importanza della comprensione dello stato autonomico come mediatore dei comportamenti e dei processi psicologici.
Le esperienze traumatiche possono spesso essere associate a meccanismi dissociativi. Tali vissuti vengono così immagazzinati a livello implicito, trovandosi in una disposizione neurale non assemblata e pertanto non integrabili nel sistema psichico del paziente. Possiamo ipotizzare che tali contenuti continuino a condizionare la sensazione soggettiva della realtà nel momento presente, operando all’interno dei sistemi sensoriali, motori e somatici, influenzando, inoltre, la reattività delle risposte fisiologiche e comportamentali. La mancata integrazione degli eventi passati nella memoria autobiografica esplicita rende questi vissuti così difficili da riconoscere, da verbalizzare e infine da elaborare. Quando l’elaborazione non può avvenire in direzione top-down (dal ragionamento cognitivo alla modifica del disagio), dovrà invertirsi la direzione di processamento in senso bottom-up, partendo dall’osservazione non giudicante delle proprie sensazioni somato-sensoriali e degli stati mentali evocati insieme ad essi, per arrivare alla comprensione dei loro. La pratica mindfulness rappresenta un efficace modo per connettersi con il linguaggio del corpo ed entrare in relazione con le dinamiche psichiche aprendo un varco verso il Sè mindful del paziente.
Mindfulness può essere tradotto come “consapevolezza” o “piena attenzione” e rappresenta un atteggiamento che mira a vivere intenzionalmente e appieno il momento presente senza interferenze giudicanti derivate dai processi di ruminazione riguardanti il sé. La pratica mindfulness insegna al paziente ad osservare il funzionamento delle proprie dinamiche intrapsichiche e a riconoscere gli abituali pattern comportamentali e le risposte automatiche, le quali conducono la persona nelle trappole dei circoli emozionali reattivi. Ciò permette un allentamento dell’identificazione rigida con le attività della mente, dalle quali il soggetto può così prendere le distanze riavvicinandosi alla propria identità essenziale e spostando il locus of control dall’esterno all’interno.
Cos’è la Musicoterapia: per Musicoterapia si intende una modalità di approccio alla persona che utilizza la musica o il suono come strumento di comunicazione non verbale per intervenire a livello educativo, riabilitativo o terapeutico, in una varietà di condizioni patologiche e parafisiologiche. |
L’applicazione della musica alla mindfulness permette di facilitare il processo di focalizzazione mindful dell’attenzione sull’esperienza del momento presente tramite stimoli sonori appropriatamente strutturati, stimolando così la differenziazione e l’interconnessione neurale che avvia i meccanismi integrativi neuroplastici della corteccia prefrontale mediale. Questo processo guida l’organizzazione mentale verso una maggiore complessità funzionale che promuove le capacità autoregolatorie e di resilienza.
La musica offre dunque, la possibilità di influenzare la regolazione vagale sul cuore del paziente sintomatico veicolando indizi di sicurezza in grado di riportare lo stato di iper o ipo-attivazione autonomica entro i limiti della finestra di tolleranza.
Si instaura dunque una sorta di “piattaforma neurale” favorevole caratterizzata dal senso di sicurezza che permette il coinvolgimento inter ed intra-personale necessario, così da rendere il paziente disponibile ad aprirsi ad un intervento di elaborazione più profondo. La musica offre inoltre l’opportunità di ottimizzare le capacità di autoregolazione emotiva attraverso i cosiddetti “esercizi neurali”, che consistono in rotture transitorie e riparazioni dello stato fisiologico, promuovendo così una maggiore elasticità di attivazione autonomica. Il canto rappresenta un potente esercizio neurale in cui avviene la collaborazione sinergica tra i muscoli laringo-faringei e i meccanismi della respirazione per produrre le vocalizzazioni modulate, coinvolgendo anche i muscoli dell’orecchio medio nell’ascolto. Durante la fase espiratoria di emissione del suono, le fibre ventro-vagali incrementano l’impatto sul cuore che rallenta la sua frequenza, mentre l’inspirazione rimuove il “freno vagale”, aumentando l’attività simpatica sul centro di regolazione del battito cardiaco, spostando lo stato verso un equilibrio autonomico ottimale.
La musica possiede il potere di evocare ed esplorare i tre stati autonomici (simpatico, dorso-vagale e ventro-vagale) senza che le emozioni ad essi connesse travolgano la persona, ancorando il sistema alla sicurezza ventro-vagale. Questo permette al paziente di sentirsi connesso e centrato dandogli, allo stesso tempo, la possibilità di accogliere i contenuti emotivi impliciti e ripristinare così le capacità autoregolatorie e di resilienza.
Unire la pratica mindfulness e la musicoterapia nel trattamento del trauma, in conclusione mira ad ottenere un effetto sinergico dei benefici di entrambe, dove la chiave che fa “scattare la serratura” aprendo la persona all’accoglienza, è rappresentata dal senso di sicurezza.
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