La sanità deve riuscire a riorganizzarsi mettendo al centro le cure intermedie e domiciliari. Davanti a un numero sempre maggiore di anziani nel nostro Paese e, spesso di conseguenza, di malati cronici, serve un nuovo modello di presa in carico e di gestione. In Italia, su quasi 51 milioni di persone maggiorenni, vengono stimate 14 milioni di persone con una patologia cronica, di cui 8,4 milioni con un età superiore ai 65 anni (dati comunicati dall’Istituto Superiore di Sanità, grazie ai sistemi di sorveglianza a rilevanza nazionale “Passi” e “Passi d’Argento”). Gli ospedali, pur rappresentando il punto centrale di riferimento, non possono più essere l’unico ambiente di cura permanente sul territorio. Dobbiamo riuscire a potenziare l’assistenza continuativa, in cui il paziente è monitorato e supportato con costanza nella sua vita. Questo rappresenta il primo passo per evitare l’acutizzazione improvvisa della patologia e ridurre gli accessi ai pronto soccorso. E al tempo stesso tendere una mano alle tante famiglie che oggi svolgono un ruolo di caregiver. Non possiamo neppure pretendere che siano i Medici di Medicina Generale a gestire l’intera popolazione nei loro bisogni di cura quotidiani, specie quando sono cronicizzati.
Potremmo sintetizzare che nella nuova sanità deve essere posta al centro la persona. E non più l’ospedale. Altrimenti al sistema sanitario pubblico saranno richiesti sempre più sforzi con il conseguente rischio di non riuscire a rispondere in modo adeguato a tutte le domande di aiuto, nei tempi e nelle modalità previste, maggiore carico e stress per i medici, con il pericolo ormai noto di un allontanamento verso il settore privato. La sanità territoriale appare come la soluzione. Tanto importante quanto urgente e non più rimandabile, un progetto che deve essere attuato sfruttando più direzioni: le case e ospedali di comunità da una parte, l’ampliamento della telemedicina e dell’assistenza domiciliare dall’altro. Una medicina sempre più vicina al cittadino, grazie anche a nuove figure professionali, che in questo modo non viene mai lasciato solo ma trova risposte in modo tempestivo. In quest’ottica, oggi, perdere gli investimenti del Pnrr legati alla sanità e alle case di cura rappresenta un vero rischio di lungo termine per l’attuazione di questa nuovo modello. Tanto richiesto dalla popolazione quanto da coloro che ogni giorno operano nella mondo della salute.