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21 Marzo 2025

Sindrome di Ondine

Niccolo’ Nassi, Responsabile SOS Centro disturbi respiratori nel sonno-SIDS, IRCCS Meyer Firenze

Tommaso Bondi, dirigente medico pediatra presso SOS Centro disturbi respiratori nel sonno-SIDS, IRCCS Meyer Firenze

Virginia Giorgi, medico in formazione specialistica in pediatria presso IRCCS ospedale MEYER Firenze

ABSTRACT

Il sonno e i suoi misteri destano fascino e curiosità nell’essere umano, tanto da ispirare miti e racconti popolari, spesso prestati alla scienza per spiegare in parole più semplici la complessità che essa cela. Da qui l’intreccio tra una leggenda germanica che vede come protagonista un’eterea ninfa acquatica e la Sindrome Congenita da Ipoventilazione Centrale (CCHS), anche nota come “Sindrome di Ondine”, descritta per la prima volta negli anni Settanta del secolo scorso e che ad oggi si stima colpisca un bambino ogni 200’000 nati. La leggenda narra di come Ondina, scoperta l’infedeltà del suo sposo mortale, per il quale aveva sacrificato la bellezza giovanile, oltre che la propria immortalità, scagliò contro il traditore una terribile maledizione: poiché egli le aveva inizialmente giurato fedeltà con ogni suo respiro, gli sarebbe stato possibile respirare solo da sveglio, e, se mai si fosse abbandonato al sonno, la morte lo avrebbe colto fatalmente.

Tale patologia, responsabile del così detto “forgotten breathing” trova il suo fondamento genetico in mutazioni a carico del gene PHOX2B (Paired-like homeobox 2b), posto sul cromosoma 4p12. Tale gene è costituito da tre esoni che codificano per un fattore di trascrizione di 314 aminoacidi espresso in diversi distretti del sistema nervoso autonomo. Tra questi, emergono centri coinvolti nel controllo della risposta ventilatoria all’ipercapnia operata dai chemocettori centrali nonché nell’integrazione di segnali centrali e periferici fondamentali nella regolazione autonomica della respirazione, che vede la sua massima espressione nel sonno. La proteina PHOX2B è caratterizzata da un dominio omeobox di legame al DNA di 60 aminoacidi codificato dall’esone 2 e da due tratti rispettivamente di 9 e 20 residui ripetuti di alanina nell’esone 3, che configurano il “genotipo 20/20”, ossia il genotipo “wild-type”. Sulla base del tipo di mutazione di PHOX2B, è possibile distinguere due grandi classi associate alla CCHS: la classe “PARMS” (polyalanine repeat expansion mutations) e quella “NPARMS” (non-polyalanine repeat expansion mutations). La prima, che costituisce circa il 90%, provoca un’inserzione anomala di un numero variabile tra 5 e 13 residui di alanina, per una sequenza totale da 24 a 33 alanine nel fattore di trascrizione finale, con i genotipi 20/25, 20/26 e 20/27 che risultano i più frequenti e con una severità fenotipica che, tipicamente, aumenta all’aumentare dell’espansione delle triplette di polialanine. Le varianti più rare “NPARMS” sono invece correlate non a espansioni di polialanine, bensì a varianti nonsenso, missenso, del sito di splicing, codoni di stop e frameshift che generalmente occorrono de novo e che tendono ad associarsi a fenotipi più severi. Sono state inoltre riportate delezioni parziali o complete di PHOX2B e addirittura sono stati individuati pazienti con fenotipo CCHS in cui sembrano coinvolti geni diversi da PHOX2B, in alcuni casi non ancora individuati. 

Le implicazioni patogenetiche e cliniche legate a tali mutazioni sono estremamente complesse e ancora oggi non del tutto comprese. In estrema sintesi le anomalie nell’integrazione e nell’elaborazione troncoencefalica degli input chemocettoriali coinvolti nel controllo autonomico della respirazione comportano ipoventilazione centrale e incapacità di compenso dell’ipossia e dell’ipercapnia; in veglia tali disfunzionalità vengono in parte riequilibrate dalle funzioni corticali, e quindi volontarie, ma nel sonno, in cui predomina la componente autonomica, si assiste a superficializzazione del respiro e soprattutto a prolungati periodi di apnee, più frequentemente durante la fase non-REM, che mettono a rischio la vita dell’individuo.

La disregolazione autonomica correlata alla CCHS non si limita, tuttavia, al controllo della respirazione, ma si associa anche ad anomalie di altri centri, a testimonianza della complessa trama di vie del segnale in cui il gene PHOX2B è coinvolto.

L’eterogeneità dell’età di esordio e della clinica di tale sindrome rendono tale popolazione di pazienti necessitante di una presa in carico multidisciplinare a 360 gradi. A Firenze dal 2013 esiste un centro di expertise facente parte del “Centro per i Disturbi respiratori nel sonno-SIDS” dell’Ospedale Meyer IRCCS che funge da struttura di riferimento e che tramite day hospital e ricoveri programmati riesce a “cucire” un follow up dedicato ad ogni singolo paziente affetto in base alle sue esigenze.

Ad oggi però, risulta ancora aperta un’importante sfida rappresentata dalla transizione alla medicina dell’adulto che risulta essere una priorità da consolidare tra medici, istituzioni ed associazioni delle famiglie.

In realtà, a differenza del malcapitato e fedifrago consorte della ninfa, i soggetti affetti da CCHS caratteristicamente presentano anomalie nel controllo del respiro non solo durante il sonno, ma talvolta anche in veglia, sebbene l’ipoventilazione alveolare più grave si manifesti principalmente nel sonno.

La disregolazione autonomica correlata alla CCHS non si limita, tuttavia, al controllo della respirazione, ma si associa anche ad anomalie di altri centri, a testimonianza della complessa trama di vie del segnale in cui il gene PHOX2B è coinvolto. Significativa è, ad esempio, la correlazione con la Malattia di Hirschsprung (sindrome di Haddad) e con i tumori della cresta neurale nonché con aritmie, ridotta risposta pupillare alla luce, costipazione, alterazioni della motilità esofagea ed alterata omeostasi glicemica (ipo/iperglicemie). Da questo punto di vista, è stata dimostrata una correlazione genotipo-fenotipo, che vede le PARMs con maggiori espansioni di triplette e le NPARMs associate a quadri più severi, sia dal punto di vista ventilatorio, tanto da richiedere assistenza alla ventilazione anche in veglia, sia dal punto di vista dell’associazione con neoplasie e con altri disturbi della sfera autonomica. Peculiare è inoltre anche la possibilità che questi pazienti presentino facies caratteristiche, con dismorfismi facciali caratterizzati di visi più corti e piatti, oltre che alterazioni e asimmetrie del pattern dermatoglifico.

Clinicamente, l’esordio dei sintomi è per lo più precoce, in età neonatale, sebbene esistano anche forme ad esordio più tardivo, generalmente più attenuate rispetto a quelle a “early onset”. Nella maggior parte dei casi, le mutazioni associate a CCHS insorgono de novo e vengono trasmesse alla progenie con modalità autosomica dominante a penetranza variabile. Le mutazioni di PHOX2B possono, però, essere ereditate in circa il 10% dei casi da un genitore asintomatico portatore della mutazione a livello della linea germinale o costitutivo, mentre fino al 15% da un genitore mosaico somatico per la mutazione stessa. Da qui l’importanza del counseling genetico esteso anche ai genitori, in quanto i portatori costitutivi hanno il 50% di probabilità di trasmettere la mutazione alla progenie, mentre in caso di mosaicismo vi sarà un rischio di ricorrenza nella discendenza inferiore al 50%.

Cosa fare, quindi, nel sospetto di CCHS? Uno dei primi step diagnostici è certamente rappresentato dalla polisonnografia e dalla valutazione dei livelli di anidride carbonica (emogasanalisi al risveglio o capnografia documentata), che consentono di individuare apnee notturne e soprattutto il tipico quadro di ipoventilazione alveolare manifesto soprattutto nella fase del sonno tranquilla (NREM) rispetto a quella attiva (REM). Una volta appurata la correlazione tra ipoventilazione alveolare e sonno ed escluse altre cause, dirimente è il test genetico volto a rilevare mutazioni a carico di PHOX2B. Posta la diagnosi definitiva sarà quindi fondamentale la presa in carico presso un Centro di Terzo Livello, dotato di personale esperto in grado di garantire il supporto ventilatorio adeguato a questi pazienti, oltre che un inquadramento multidisciplinare finalizzato a individuare e a monitorare il coinvolgimento di altri organi e apparati nonché l’evoluzione della sindrome nel tempo.

In ragione del possibile interessamento multiorgano dato dalla Sindrome da Ipoventilazione Centrale Congenita, questa dovrebbe essere considerata come una vera e propria disautonomia in cui la gestione multidisciplinare di questi pazienti risulta di fondamentale importanza.

Grazie alla presenza del Centro dedicato, l’ospedale Meyer IRCCS riesce a rispondere al meglio alle esigenze di tutti i pazienti affetti da CCHS residenti in Toscana ma anche provenienti da altre regioni italiane come Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Campania, Molise, Puglia e Sicilia.

Questo è reso inoltre possibile dall’attuazione di un Percorso terapeutico assistenziale aziendale (PDTA) dove vengono indicate le tipologie e le tempistiche degli accertamenti che necessitano tali pazienti in base al quadro clinico di ogni singolo individuo affetto, in modo tale di organizzare e pianificare al meglio l’assistenza. (Tabella 1, Tabella 2)

Tabella 1. Esami da effettuare annualmente in base al genotipo PHOX2B

GenotipoEsami da effettuare annualmente nei bambini di età >3aa e ogni 6 mesi nei bambini di età< 3aaValutazione per morbo di Hirschsprung: comprendente la biopsia rettale da effettuare solo alla nascitaEsami per tumori della cresta neurale
20/24-20/25Vedi elenco esami  
20/26Vedi elenco esamiVedi elenco esami 
20/27Vedi elenco esamiVedi elenco esami 
20/28-20/33  Vedi elenco esamiVedi elenco esamiRx torace ed ecografia addominale
NPARMSVedi elenco esamiVedi elenco esamiRx torace ed ecografia addominale. Dosaggio delle catecolamine urinarie ogni tre mesi per i primi due anni, successivamente ogni sei mesi fino all’età di sette anni.

Tabella n.2 Elenco esami

Polisonnografia 
Controllo setting ventilatorio 
Endoscopia respiratoriaL’ endoscopia respiratoria di routine non è indicata. Si raccomanda di eseguirla nei seguenti casi: • Prima della eventuale rimozione della cannula. • In presenza di sintomatologia (sanguinamento, breath holding spells, cianosi o desaturazioni all’atto della sostituzione, dolore, asma, infezioni ricorrenti, intolleranza alla valvola fonatoria o alla chiusura della cannula, cambiamento del timbro vocale). • Nei primi due anni dopo la tracheostomia. • In pazienti con anomalie delle vie aeree.
Valutazione neurocomportamentaleDa effettuare al primo ricovero e successivamente solo se indicata.
Valutazione pneumologicaDa effettuare al primo ricovero e successivamente se indicata
Valutazione fisioterapica respiratoria e logopedicaSolo se indicata
Valutazione cardiologicaEsame Holter cardiaco di 48/72h ed ecocardiografia
Valutazione gastroenterologicaSolo se indicata
Valutazione oculisticaSolo se indicata
Valutazione endocrinologicaSolo se indicata
Valutazione odontoiatrica  Da effettuarsi nei pazienti sottoposti a ventilazione non invasiva che presentano dismorfismi del volto. I controlli ortodontici e maxillo-facciali andranno personalizzati secondo le esigenze del caso
Valutazione maxillo-facciale 
Esami ematochimici 
Valutazione radiologica ed ecograficaSolo se indicata
Valutazione audiologicaMediante screening uditivo di II livello emissioni otoacustiche da stimoli transienti (TEOAE) e potenziali evocati uditivi di tipo automatico (AABR) entro i 3 mesi di vita, o potenziali evocati uditivi (ABR) con ricerca di soglia entro i 6 mesi di vita, o con esame audiometrico comportamentale infantile ed impedenzometria

In considerazione dunque del genotipo e del quadro clinico di ciascun paziente è possibile organizzare ricoveri programmati con frequenza personalizzata, nell’ambito dei quali è possibile eseguire tutti gli accertamenti necessari nel minor tempo possibile per venire incontro alle esigenze sia personali che familiari degli assistiti.

Tra le sfide quotidiane che questi pazienti e le loro famiglie devono affrontare quella di maggiore impatto è sicuramente la gestione della ventilazione invasiva tramite cannula tracheostomica.

La maggior parte di questi pazienti, in particolar modo quelli che presentano le forme più “classiche” che si manifestano nel periodo post natale, sono infatti ventilati tramite tracheostomia al fine di ottimizzare ossigenazione, ventilazione e outcome neurocognitivo a lungo termine.

Tale modalità di ventilazione, però influenza in maniera significativa la vita quotidiana del paziente e del caregiver. Ciò determina dunque la necessità di uno stretto follow up, soprattutto nei primi anni di vita, al fine di trovare un equilibrio ottimale tra fabbisogno ventilatorio del paziente e benessere generale della famiglia.

L’obiettivo e la speranza finale dei medici e delle famiglie è quello di riuscire ad arrivare alla chiusura della tracheostomia ed al passaggio alla ventilazione non invasiva tramite interfaccia nasale e/o oronasale il prima possibile (modalità di ventilazione di lezione per i pazienti più grandi che necessitano di ventilazione esclusivamente durante il sonno).

Tale percorso, quando possibile, risulta di non facile attuazione e può richiedere tempi molto lunghi in quanto la scelta della chiusura di una cannula tracheostomica (presidio di tipo invasivo) risulta essere molto delicata e necessita di numerosi studi per poter confermare l’indipendenza del paziente nei confronti di tale presidio.

Proprio in quest’ottica così delicata, lo stretto follow up medico assistenziale che viene garantito ai pazienti seguiti presso il Meyer, permette in alcuni casi selezionati di poter porre indicazione alla rimozione di tale presidio di importanza vitale ma che allo stesso tempo rappresenta una limitazione impattante nella vita di tutti i giorni.

Ciò è stato recentemente possibile per Chiara, ragazza di 14 anni, seguita fin dalla nascita dai colleghi del Centro disturbi respiratori del Meyer, che ha potuto finalmente realizzare il sogno di fare liberamente il bagno al mare come le sue coetanee dopo essere riuscita a chiudere la sua tracheotomia prima di questa estate.

Infine, ad oggi, l’ultimo ostacolo che si prospetta per tali pazienti, su scala nazionale, risulta la transizione dal Centro di riferimento pediatrico al Centro di rifermento dell’adulto che risulta ancora di difficile attuazione data la multidisciplinarietà che comporta tale sindrome e che storicamente è sempre stata di dominio pediatrico. Il progressivo miglioramento dell’assistenza e delle cure porterà inevitabilmente ad avere sempre più pazienti affetti che si affacciano all’età adulta con una buona prospettiva di vita.

La transizione all’ età adulta dei pazienti affetti da CCHS è dunque una priorità che deve essere gestita al meglio creando solidi e definiti percorsi congiunti tra medici pediatri e specialisti dell’adulto con la collaborazione tra i Centri di riferimento, le istituzioni e le associazioni dei genitori.

niccolo.nassi@meyer.it

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Sindrome di Ondine

Niccolò Nassi
Tommaso Bondi, Virginia Giorgi

21 Marzo 2025

Niccolo’ Nassi, Responsabile SOS Centro disturbi respiratori nel sonno-SIDS, IRCCS Meyer Firenze

Tommaso Bondi, dirigente medico pediatra presso SOS Centro disturbi respiratori nel sonno-SIDS, IRCCS Meyer Firenze

Virginia Giorgi, medico in formazione specialistica in pediatria presso IRCCS ospedale MEYER Firenze

ABSTRACT

Il sonno e i suoi misteri destano fascino e curiosità nell’essere umano, tanto da ispirare miti e racconti popolari, spesso prestati alla scienza per spiegare in parole più semplici la complessità che essa cela. Da qui l’intreccio tra una leggenda germanica che vede come protagonista un’eterea ninfa acquatica e la Sindrome Congenita da Ipoventilazione Centrale (CCHS), anche nota come “Sindrome di Ondine”, descritta per la prima volta negli anni Settanta del secolo scorso e che ad oggi si stima colpisca un bambino ogni 200'000 nati. La leggenda narra di come Ondina, scoperta l’infedeltà del suo sposo mortale, per il quale aveva sacrificato la bellezza giovanile, oltre che la propria immortalità, scagliò contro il traditore una terribile maledizione: poiché egli le aveva inizialmente giurato fedeltà con ogni suo respiro, gli sarebbe stato possibile respirare solo da sveglio, e, se mai si fosse abbandonato al sonno, la morte lo avrebbe colto fatalmente.

Tale patologia, responsabile del così detto “forgotten breathing” trova il suo fondamento genetico in mutazioni a carico del gene PHOX2B (Paired-like homeobox 2b), posto sul cromosoma 4p12. Tale gene è costituito da tre esoni che codificano per un fattore di trascrizione di 314 aminoacidi espresso in diversi distretti del sistema nervoso autonomo. Tra questi, emergono centri coinvolti nel controllo della risposta ventilatoria all’ipercapnia operata dai chemocettori centrali nonché nell’integrazione di segnali centrali e periferici fondamentali nella regolazione autonomica della respirazione, che vede la sua massima espressione nel sonno. La proteina PHOX2B è caratterizzata da un dominio omeobox di legame al DNA di 60 aminoacidi codificato dall’esone 2 e da due tratti rispettivamente di 9 e 20 residui ripetuti di alanina nell’esone 3, che configurano il “genotipo 20/20”, ossia il genotipo “wild-type”. Sulla base del tipo di mutazione di PHOX2B, è possibile distinguere due grandi classi associate alla CCHS: la classe “PARMS” (polyalanine repeat expansion mutations) e quella “NPARMS” (non-polyalanine repeat expansion mutations). La prima, che costituisce circa il 90%, provoca un’inserzione anomala di un numero variabile tra 5 e 13 residui di alanina, per una sequenza totale da 24 a 33 alanine nel fattore di trascrizione finale, con i genotipi 20/25, 20/26 e 20/27 che risultano i più frequenti e con una severità fenotipica che, tipicamente, aumenta all’aumentare dell’espansione delle triplette di polialanine. Le varianti più rare “NPARMS” sono invece correlate non a espansioni di polialanine, bensì a varianti nonsenso, missenso, del sito di splicing, codoni di stop e frameshift che generalmente occorrono de novo e che tendono ad associarsi a fenotipi più severi. Sono state inoltre riportate delezioni parziali o complete di PHOX2B e addirittura sono stati individuati pazienti con fenotipo CCHS in cui sembrano coinvolti geni diversi da PHOX2B, in alcuni casi non ancora individuati. 

Le implicazioni patogenetiche e cliniche legate a tali mutazioni sono estremamente complesse e ancora oggi non del tutto comprese. In estrema sintesi le anomalie nell’integrazione e nell’elaborazione troncoencefalica degli input chemocettoriali coinvolti nel controllo autonomico della respirazione comportano ipoventilazione centrale e incapacità di compenso dell’ipossia e dell’ipercapnia; in veglia tali disfunzionalità vengono in parte riequilibrate dalle funzioni corticali, e quindi volontarie, ma nel sonno, in cui predomina la componente autonomica, si assiste a superficializzazione del respiro e soprattutto a prolungati periodi di apnee, più frequentemente durante la fase non-REM, che mettono a rischio la vita dell’individuo.

La disregolazione autonomica correlata alla CCHS non si limita, tuttavia, al controllo della respirazione, ma si associa anche ad anomalie di altri centri, a testimonianza della complessa trama di vie del segnale in cui il gene PHOX2B è coinvolto.

L’eterogeneità dell’età di esordio e della clinica di tale sindrome rendono tale popolazione di pazienti necessitante di una presa in carico multidisciplinare a 360 gradi. A Firenze dal 2013 esiste un centro di expertise facente parte del “Centro per i Disturbi respiratori nel sonno-SIDS” dell’Ospedale Meyer IRCCS che funge da struttura di riferimento e che tramite day hospital e ricoveri programmati riesce a “cucire” un follow up dedicato ad ogni singolo paziente affetto in base alle sue esigenze.

Ad oggi però, risulta ancora aperta un’importante sfida rappresentata dalla transizione alla medicina dell’adulto che risulta essere una priorità da consolidare tra medici, istituzioni ed associazioni delle famiglie.

In realtà, a differenza del malcapitato e fedifrago consorte della ninfa, i soggetti affetti da CCHS caratteristicamente presentano anomalie nel controllo del respiro non solo durante il sonno, ma talvolta anche in veglia, sebbene l’ipoventilazione alveolare più grave si manifesti principalmente nel sonno.

La disregolazione autonomica correlata alla CCHS non si limita, tuttavia, al controllo della respirazione, ma si associa anche ad anomalie di altri centri, a testimonianza della complessa trama di vie del segnale in cui il gene PHOX2B è coinvolto. Significativa è, ad esempio, la correlazione con la Malattia di Hirschsprung (sindrome di Haddad) e con i tumori della cresta neurale nonché con aritmie, ridotta risposta pupillare alla luce, costipazione, alterazioni della motilità esofagea ed alterata omeostasi glicemica (ipo/iperglicemie). Da questo punto di vista, è stata dimostrata una correlazione genotipo-fenotipo, che vede le PARMs con maggiori espansioni di triplette e le NPARMs associate a quadri più severi, sia dal punto di vista ventilatorio, tanto da richiedere assistenza alla ventilazione anche in veglia, sia dal punto di vista dell’associazione con neoplasie e con altri disturbi della sfera autonomica. Peculiare è inoltre anche la possibilità che questi pazienti presentino facies caratteristiche, con dismorfismi facciali caratterizzati di visi più corti e piatti, oltre che alterazioni e asimmetrie del pattern dermatoglifico.

Clinicamente, l’esordio dei sintomi è per lo più precoce, in età neonatale, sebbene esistano anche forme ad esordio più tardivo, generalmente più attenuate rispetto a quelle a “early onset”. Nella maggior parte dei casi, le mutazioni associate a CCHS insorgono de novo e vengono trasmesse alla progenie con modalità autosomica dominante a penetranza variabile. Le mutazioni di PHOX2B possono, però, essere ereditate in circa il 10% dei casi da un genitore asintomatico portatore della mutazione a livello della linea germinale o costitutivo, mentre fino al 15% da un genitore mosaico somatico per la mutazione stessa. Da qui l’importanza del counseling genetico esteso anche ai genitori, in quanto i portatori costitutivi hanno il 50% di probabilità di trasmettere la mutazione alla progenie, mentre in caso di mosaicismo vi sarà un rischio di ricorrenza nella discendenza inferiore al 50%.

Cosa fare, quindi, nel sospetto di CCHS? Uno dei primi step diagnostici è certamente rappresentato dalla polisonnografia e dalla valutazione dei livelli di anidride carbonica (emogasanalisi al risveglio o capnografia documentata), che consentono di individuare apnee notturne e soprattutto il tipico quadro di ipoventilazione alveolare manifesto soprattutto nella fase del sonno tranquilla (NREM) rispetto a quella attiva (REM). Una volta appurata la correlazione tra ipoventilazione alveolare e sonno ed escluse altre cause, dirimente è il test genetico volto a rilevare mutazioni a carico di PHOX2B. Posta la diagnosi definitiva sarà quindi fondamentale la presa in carico presso un Centro di Terzo Livello, dotato di personale esperto in grado di garantire il supporto ventilatorio adeguato a questi pazienti, oltre che un inquadramento multidisciplinare finalizzato a individuare e a monitorare il coinvolgimento di altri organi e apparati nonché l’evoluzione della sindrome nel tempo.

In ragione del possibile interessamento multiorgano dato dalla Sindrome da Ipoventilazione Centrale Congenita, questa dovrebbe essere considerata come una vera e propria disautonomia in cui la gestione multidisciplinare di questi pazienti risulta di fondamentale importanza.

Grazie alla presenza del Centro dedicato, l’ospedale Meyer IRCCS riesce a rispondere al meglio alle esigenze di tutti i pazienti affetti da CCHS residenti in Toscana ma anche provenienti da altre regioni italiane come Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Campania, Molise, Puglia e Sicilia.

Questo è reso inoltre possibile dall’attuazione di un Percorso terapeutico assistenziale aziendale (PDTA) dove vengono indicate le tipologie e le tempistiche degli accertamenti che necessitano tali pazienti in base al quadro clinico di ogni singolo individuo affetto, in modo tale di organizzare e pianificare al meglio l’assistenza. (Tabella 1, Tabella 2)

Tabella 1. Esami da effettuare annualmente in base al genotipo PHOX2B

Genotipo Esami da effettuare annualmente nei bambini di età >3aa e ogni 6 mesi nei bambini di età< 3aa Valutazione per morbo di Hirschsprung: comprendente la biopsia rettale da effettuare solo alla nascita Esami per tumori della cresta neurale
20/24-20/25 Vedi elenco esami    
20/26 Vedi elenco esami Vedi elenco esami  
20/27 Vedi elenco esami Vedi elenco esami  
20/28-20/33   Vedi elenco esami Vedi elenco esami Rx torace ed ecografia addominale
NPARMS Vedi elenco esami Vedi elenco esami Rx torace ed ecografia addominale. Dosaggio delle catecolamine urinarie ogni tre mesi per i primi due anni, successivamente ogni sei mesi fino all’età di sette anni.

Tabella n.2 Elenco esami

Polisonnografia  
Controllo setting ventilatorio  
Endoscopia respiratoria L’ endoscopia respiratoria di routine non è indicata. Si raccomanda di eseguirla nei seguenti casi: • Prima della eventuale rimozione della cannula. • In presenza di sintomatologia (sanguinamento, breath holding spells, cianosi o desaturazioni all’atto della sostituzione, dolore, asma, infezioni ricorrenti, intolleranza alla valvola fonatoria o alla chiusura della cannula, cambiamento del timbro vocale). • Nei primi due anni dopo la tracheostomia. • In pazienti con anomalie delle vie aeree.
Valutazione neurocomportamentale Da effettuare al primo ricovero e successivamente solo se indicata.
Valutazione pneumologica Da effettuare al primo ricovero e successivamente se indicata
Valutazione fisioterapica respiratoria e logopedica Solo se indicata
Valutazione cardiologica Esame Holter cardiaco di 48/72h ed ecocardiografia
Valutazione gastroenterologica Solo se indicata
Valutazione oculistica Solo se indicata
Valutazione endocrinologica Solo se indicata
Valutazione odontoiatrica   Da effettuarsi nei pazienti sottoposti a ventilazione non invasiva che presentano dismorfismi del volto. I controlli ortodontici e maxillo-facciali andranno personalizzati secondo le esigenze del caso
Valutazione maxillo-facciale  
Esami ematochimici  
Valutazione radiologica ed ecografica Solo se indicata
Valutazione audiologica Mediante screening uditivo di II livello emissioni otoacustiche da stimoli transienti (TEOAE) e potenziali evocati uditivi di tipo automatico (AABR) entro i 3 mesi di vita, o potenziali evocati uditivi (ABR) con ricerca di soglia entro i 6 mesi di vita, o con esame audiometrico comportamentale infantile ed impedenzometria

In considerazione dunque del genotipo e del quadro clinico di ciascun paziente è possibile organizzare ricoveri programmati con frequenza personalizzata, nell’ambito dei quali è possibile eseguire tutti gli accertamenti necessari nel minor tempo possibile per venire incontro alle esigenze sia personali che familiari degli assistiti.

Tra le sfide quotidiane che questi pazienti e le loro famiglie devono affrontare quella di maggiore impatto è sicuramente la gestione della ventilazione invasiva tramite cannula tracheostomica.

La maggior parte di questi pazienti, in particolar modo quelli che presentano le forme più “classiche” che si manifestano nel periodo post natale, sono infatti ventilati tramite tracheostomia al fine di ottimizzare ossigenazione, ventilazione e outcome neurocognitivo a lungo termine.

Tale modalità di ventilazione, però influenza in maniera significativa la vita quotidiana del paziente e del caregiver. Ciò determina dunque la necessità di uno stretto follow up, soprattutto nei primi anni di vita, al fine di trovare un equilibrio ottimale tra fabbisogno ventilatorio del paziente e benessere generale della famiglia.

L’obiettivo e la speranza finale dei medici e delle famiglie è quello di riuscire ad arrivare alla chiusura della tracheostomia ed al passaggio alla ventilazione non invasiva tramite interfaccia nasale e/o oronasale il prima possibile (modalità di ventilazione di lezione per i pazienti più grandi che necessitano di ventilazione esclusivamente durante il sonno).

Tale percorso, quando possibile, risulta di non facile attuazione e può richiedere tempi molto lunghi in quanto la scelta della chiusura di una cannula tracheostomica (presidio di tipo invasivo) risulta essere molto delicata e necessita di numerosi studi per poter confermare l’indipendenza del paziente nei confronti di tale presidio.

Proprio in quest’ottica così delicata, lo stretto follow up medico assistenziale che viene garantito ai pazienti seguiti presso il Meyer, permette in alcuni casi selezionati di poter porre indicazione alla rimozione di tale presidio di importanza vitale ma che allo stesso tempo rappresenta una limitazione impattante nella vita di tutti i giorni.

Ciò è stato recentemente possibile per Chiara, ragazza di 14 anni, seguita fin dalla nascita dai colleghi del Centro disturbi respiratori del Meyer, che ha potuto finalmente realizzare il sogno di fare liberamente il bagno al mare come le sue coetanee dopo essere riuscita a chiudere la sua tracheotomia prima di questa estate.

Infine, ad oggi, l’ultimo ostacolo che si prospetta per tali pazienti, su scala nazionale, risulta la transizione dal Centro di riferimento pediatrico al Centro di rifermento dell’adulto che risulta ancora di difficile attuazione data la multidisciplinarietà che comporta tale sindrome e che storicamente è sempre stata di dominio pediatrico. Il progressivo miglioramento dell’assistenza e delle cure porterà inevitabilmente ad avere sempre più pazienti affetti che si affacciano all’età adulta con una buona prospettiva di vita.

La transizione all’ età adulta dei pazienti affetti da CCHS è dunque una priorità che deve essere gestita al meglio creando solidi e definiti percorsi congiunti tra medici pediatri e specialisti dell’adulto con la collaborazione tra i Centri di riferimento, le istituzioni e le associazioni dei genitori.

niccolo.nassi@meyer.it

Di Redazione Toscana Medica

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di
Niccolò Nassi

Tommaso Bondi, Virginia Giorgi

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